L’importanza degli omega-3 nella dieta

Gli omega-3 sono una categoria di grassi molto gettonata, di cui si fa un gran parlare. In pochi però fanno chiarezza su dove si trovino, quanto assumerne e che ruolo hanno nello specifico.

A cosa servono gli omega-3 e dove si trovano

Innanzitutto, gli omega-3 più importanti sono gli EPA (acido eicosapentaenoico) e i DHA (acido docosaesaenoico). Essi sono contenuti nel pesce grasso (salmone, sgombro, aringhe, sardine). Gli EPA e i DHA influiscono nel controllo dei trigliceridi e contrastano un’eccessiva aggregazione piastrinica. Il tutto comporta una prevenzione nell’aterosclerosi e nella trombosi. I DHA nello specifico sono coinvolti nella sintesi dello sperma e dei fosfolipidi nel cervello che servono per la trasmissione degli impulsi nervosi, oltre che nella composizione dei lipidi sempre del cervello. Insomma, mangiare pesce (grasso!) non farà avere una memoria di ferro, ma è sicuro che il cervello sta meglio se lo si mangia. In generale, per quanto riguarda EPA e DHA si osservano anche ruoli importanti a livello antiaritmico, di frequenza cardiaca e di pressione arteriosa.

Anche uno studio del 2014, pubblicato dal The Telegraph, evidenzia che si ha un minor rischio cardiovascolare con il consumo di omega-3 dal pesce (dal pesce!). Lo studio precisa che l’uso di integratori non apporta benefici, quindi si deve consumare il pesce ricco di omega-3 per non incappare in carenze. Lo studio, pertanto, ci spinge a introdurre un’alimentazione più ricca di pesce grasso (con gli omega-3), partendo dal presupposto che già ne mangiamo poco. Occorre sottolineare che gli studi evidenziano i benefici attraverso gli EPA e i DHA nello specifico. Gli omega-3 dei vegetali sono disponibili, ma devono essere convertiti in EPA e DHA e la conversione non è molto efficiente.

Le dosi consigliate e consigli pratici

Abbiamo compreso l’importanza degli omega-3 EPA e DHA nel paragrafo precedente e abbiamo compreso che queste fonti si hanno nel pesce grasso. Nella figura sottostante (presa dal Progetto ASCO), notiamo delle curve dove abbiamo gli effetti su determinati fattori da parte degli EPA e dei DHA in base alla dose. Possiamo notare subito che la curva di maggior rilevanza è quella dell’antiaritmia. Già un quantiativo di 250 mg di EPA e DHA al giorno è sufficiente per avere degli effetti nel contrasto dell’antiaritmia. Questa è la dose giornaliera standard raccomandata dalla nutrizione classica. Le altre curve sono più smorzate. Arrivano a un determinato picco e poi calano, tendendo all’infinito ma senza mai raggiungerlo. L’unica retta lineare è quella dei trigliceridi, da evidenziare in particolare perché gli EPA e i DHA in dosi dai 3 g in su hanno evidenziato dei benefici in caso di ipertrigliceridemia. La curva della trombosi, nel grafico, è quella di minor rilevanza e questo ci dice che è vero che fa il suo gioco nell’aggregazione di piastrine, ma lo fa, come appunto si è detto, nell’eccessiva aggregazione delle piastrine. Dunque, un’esagerazione nell’assunzione di EPA e DHA nella dieta non comporta concretamente nessun vero beneficio scientificamente dimostrato in persone sane. Questo concetto l’ho spiegato anche nell’articolo “La dieta perfetta non esiste!“. Spesso gli effetti degli omega-3 vengono decisamente sopravvalutati. È importante assumerli, e indubbiamente gran parte della popolazione n’è carente, ma un’assunzione eccessiva rischia di rendere maniacale la propria alimentazione. Gli unici che beneficiano davvero di un’assunzione elevata di EPA e DHA sono coloro che soffrono di ipertrigliceridemia e i malati di malattie autoimmuni di diverso genere, ma per loro le dosi non sono mai inferiori ai 3 g/die. Guardate infatti il grafico. Dopo una certa soglia, lo studio preso in considerazione ha rilevato quegli effetti con un’integrazione e farmaci.

Veniamo al dunque. Per essere assolutamente certi di non incappare in carenze, la dose consigliata è di 1 g/die di EPA e DHA. Questa dose è ottenibile mangiando mediamente 80-100 g di pesce grasso al giorno. Gli EPA e i DHA sono grassi, quindi si accumulano e vengono utilizzati quando servono. Ciò vuol dire che non è necessario consumare il pesce grasso tutti i giorni. Basta farlo per 2-3 volte a settimana e siamo a posto. Ma stabilire una frequenza settimanale è fuorviante, perché se mangio una scatola di sgombro da 100 g tutti i giorni non sbaglio. Insomma, assumere questo quantitativo di pesce non è per niente difficile nella vita di tutti i giorni, ma la cosa curiosa da notare è che dicono che il pesce faccia bene salvo consumare sempre, per moda e/o per ignoranza, branzini, orate, persico, calamari, gamberi e via dicendo dove non troviamo alcuna traccia di EPA e DHA.

Studio EPA e DHA

80-100 g è ovviamente un’indicazione ideale. Se il pesce è di qualità e ricco di omega-3, potrete anche mangiarne meno, mentre non vi cambia la vita assumere più di 1 g di EPA e DHA. Le raccomandazioni dicono che è sufficiente assumere 250 mg/die (di EPA e DHA), ma sono basate sulla disabitudine a mangiare pesce da parte della popolazione comune. L’assunzione di 1 g potrebbe sembrare un atto di fede ma, male che vada, ha il vantaggio di ridurre i grassi saturi nella dieta. Il grafico proposto è quindi verosimilmente una correlazione e non una causa-effetto. Tuttavia, la riduzione dei grassi saturi può avvenire anche per altre fonti, come quelle vegetali. Se mangiate troppo spesso formaggio, salame e affettati vari, com’è tipico di molti italiani, state sbagliando!

Il concetto è che:

l’assunzione di omega-3 (EPA e DHA) non serve a proteggere il cuore, bensì ad evitare le carenze.

Tranne che per alcuni soggetti malati (quelli indicati), per cui la dose di EPA e DHA da assumere è difficilmente ottenibile con la normale alimentazione. Per loro, l’integrazione di EPA e DHA è importante per ridurre l’uso dei farmaci, ma non è per niente facile con la sola dieta. È sufficiente mangiare abitualmente pesci come lo sgombro e il salmone. In Italia, il consumo reale di pesce è di 14 kg all’anno, pari a 268 g a settimana (*), ma si tende a privilegiare prodotti ittici che non hanno omega-3.

* Le statistiche riportano 28 kg all’anno, che però sono il consumo con gli scarti e le parti non edibili. 28 kg vorrebbero dire 536 g di pesce a settimana, un consumo di pesce che, nell’esperienza comune, non si vede affatto. Anche le statistiche sul consumo di carne riportano il dato cosiddetto “apparente”.

Il mercato

Ci sono sgombri in scatola di qualità davvero pregevole che contengono addirittura 3 g di EPA e DHA per una scatoletta di 100 g. Peccato che si trovino in Inghilterra, dove John West e Asda sono un marchio di garanzia, mentre in Italia purtroppo (mannaggia ai diffamatori dei grassi) non c’è questa cultura (per contro si potrebbe dire che in Inghilterra ci sono acque scadenti rispetto a quelle ricche di calcio da noi, ma questo è un altro discorso).Salmone fresco Il salmone fresco contiene circa 2 g dei preziosi grassi per 100 g, ma potrebbe convenire di più quello in scatola perché è già cotto e segnala quanti omega-3 sono contenuti. Gli EPA e i DHA sono infatti sensibilissimi al calore! Cioè, non dobbiamo utilizzare cotture cruente, ad esempio alla griglia o ad alte temperature in genere! Inutile consumare pesce grasso ricco di EPA e DHA se poi letteralmente si compie un incendio dei grassi che ci servono con cotture raccapriccianti. I giapponesi infatti usano mangiare molto pesce crudo… basta pensare al sushi! Magari un bel salmone alla griglia bruciacchiato sarà più buono per alcuni, ma non speriamo così di assumere gli EPA e i DHA. Io ho escogitato un metodo decisamente ingegnoso di cuocere un tipico trancio di salmone, cioè al microonde. È sufficiente cuocere per un minuto o due circa con il coperchio apposito ed eventualmente dare una pausa a metà cottura circa et voici, un bel salmone servito bello morbido e succoso. Il trancio non dovrebbe essere troppo grande (300 g sono già troppi, tagliatelo!), altrimenti la cottura non sarà uniforme e avremo parti stoppose e parti quasi crude. Diverso è il discorso per lo sgombro, per cui praticamente non c’è mercato e trovare dei tranci ben fatti come quelli di salmone è difficile. L’unico prodotto commercialmente diffuso accettabile è quello della Rio Mare. Lo sgombro grigliato della Rio Mare ha 1 g di EPA e DHA per 100 g… 1 g, appunto. Che vi dicevo della John West e di Asda? La grigliatura per definizione ha reso lo sgombro della Rio Mare un prodotto tutto sommato mediocre, non di certo “VIP”. Il rapporto tra prezzo e qualità non è granché conveniente per il consumatore. E no, non basta la presenza di Alessandro Gassman a far magicamente elevare il prodotto. Ci sono anche scatolami di sardine che non sono male (l’aringa, ahimè, è inesistente… ciò che si trova normalmente è un pezzo di sale!), ma diciamo che almeno nel mio caso il salmone vince. Da non sottovalutare il salmone affumicato, facendo attenzione al quantitativo di sale (sperabilmente non superiore ai 3 g per 100 g di prodotto), ma leggete l’etichetta per verificare che ci sia un buon quantitativo di EPA e DHA. Esistono infatti salmoni affumicati costosissimi dove non c’è traccia di EPA e DHA e altri con prezzo decisamente più basso che hanno anche 2.5 g di EPA e DHA per 100 g. Per via del quantitativo di sale, è bene non esagerare con il salmone affumicato, ma esso rimane una scelta molto apprezzabile. Consumatelo 1 o 2 volte a settimana, senza farne una fonte quotidiana di omega-3. Un consumo quotidiano di salmone affumicato rischia di apportare troppo sale nella dieta.

Scegliete un buon pesce grasso, mi raccomando. Quello in scatola è spesso scadente (da noi in Italia), ma cercate nei supermercati che frequentate e troverete sicuramente delle opzioni favorevoli di ogni genere. Evitate i pesci magri perché, come ormai sapete, gli EPA e i DHA sono dei grassi. E se acquistate un pesce magro, non troverete traccia di omega-3!

La soluzione migliore per il salmone in scatola è ripiegare sulle confezioni più grandi di latta, cioè quelle da 150 g o più. Sono confezioni largamente presenti nei supermercati inglesi, mentre da noi sono ancora poco diffuse e stanno negli angoli dello scaffale per promuovere le marche più famose (e costose, ma con pochi omega-3). Di solito, costano meno perché manca la linguetta da strappare (la comodità si paga) e non fanno gli spot in TV con Alessandro Gassman, ma spesso è un pesce di qualità e con più EPA e DHA rispetto alle marche famose. All’Esselunga, io ho trovato un salmone rosa della Paramount molto morbido e cotto bene, con un contenuto di omega-3 di 2.0 g (gli EPA e i DHA combinati saranno un po’ meno). È un salmone rosa che proviene dal Nord America, nello specifico dal Pacifico orientale, ed è davvero ottimo. Due volte a settimana mangio un bel piatto di pasta con panna e questo salmone dopo l’allenamento, così integro gli EPA e i DHA che mi servono. Sì, bisogna avere l’apriscatole, ma diciamo che fa anche molto vintage!

Effetti non verificati scientificamente

Se è vero che 1 g di EPA e DHA al giorno mette al sicuro da carenze, ci sono diversi studi che offrono dosi maggiori di EPA e DHA da assumere per ottenere miracolosi effetti benefici sulla salute. Non c’è niente di dimostrato scientificamente. Per uno studio che dice una cosa, un altro la nega. La ricerca non è scienza, ma un metodo per iniziare a capire qualcosa. Per arrivare a una legge, si devono fare centinaia di studi e ognuno deve concordare o spiegare eventuali anomalie per confermare la legge. Gli unici effetti veramente rilevanti per dosi maggiori di EPA e DHA si sono ottenuti per le categorie di persone citate in precedenza, ma parliamo di soggetti malati per cui le dosi necessarie sono elevate. È invece assolutamente inutile far consumare roba da 1 kg di salmone fresco a settimana a un soggetto sano. Diventerebbe una dieta inutilmente monotona, che non lascia spazio ad altri alimenti. Seguiamo una dieta varia ed equilibrata, abbinata allo sport, e non avremo problemi. Un corpo malato è un corpo diverso (purtroppo per chi soffre la condizione). Quello che funziona sui malati non funziona sugli altri, o almeno non necessariamente. Io ho visto fare una dieta liquida solamente in ospedale, giusto per fare un esempio… e in ospedale di certo non vengono ricoverati soggetti sani! Alla fine, si scopre che è importante assumere gli omega-3, che è importante mangiare pesce grasso (per variare le fonti di grasso), ma gli omega-3 non hanno assolutamente quell’effetto taumaturgico di cui si fa un gran parlare: è sufficiente non avere carenze!

Riassumendo:

bisogna garantire 1 g/die di EPA + DHA al giorno.

La semplice regola di cui sopra garantisce sia di non avere carenze di omega-3 sia di non eccedere con i grassi saturi. Assumere più omega-3 (EPA e DHA) è più un atto di fede. Fatelo pure, se la vostra alimentazione non ne risente, ma 1 g è già sufficiente per evitare la carenza in cui la maggior parte delle persone incappa. Per dosi di almeno 3 g si ragiona solo per alcuni soggetti malati!

Ossessioni e doping alimentari
Vademecum per l’alimentazione corretta