Corri, ma che età fisica hai?

La differenza tra un runner e un jogger non sta solo nel fatto che il jogger usa le cuffie e passeggia a 6’/km, ma anche nel fatto che il runner vuole misurarsi e questo lo fa tenendo conto del tempo che impiega per fare quei chilometri. Ma noi sappiamo che, prima di tutto, si deve correre per la salute. Cioè, sostanzialmente, se uno corre la maratona in 2h10′ obiettivamente fa un ottimo tempo, nulla da dire. Se lo fa in 4 ore e mezza, non è invece detto che non sia in salute (può benissimo avere 80 anni!). Questo diventa importantissimo quando non siamo più nella cosiddetta fase del recordman e le prestazioni decadono fisiologicamente oppure quando capiamo che riuscire a fare i 10 km in almeno un’ora è solo il primo passo. E quindi, per non perdere le motivazioni in entrambi i casi, occorre verificare le prestazioni in base a un dato salutistico oggettivo, che va perseguito per tutta la vita. Naturalmente, si parla di età fisica e non psicologica. Uno può anche correre la 10 km in 34′, perché magari geneticamente dotato, ed essere vecchio psicologicamente come tanti ex atleti professionisti che smettono e mettono su peso.

Come valutare il grado di salute di qualcuno, la sua efficienza (o età) fisica? Come scoprire se quell’oretta di jogging è allenante o non serve a nulla? Perché è facile dire “allenamento a medio-alta intensità”, ma tradotto in numeri che cosa significa? Che cosa significa che lo sport ringiovanisce di 20 anni rispetto a un coetaneo sedentario? Che età fisica dimostriamo, rispetto a quella dell’anagrafe?

I 10 km della salute

La 10 km è una distanza salutisticamente standard, con un giusto mix di resistenza e fiato. Ciò dovrebbe far riflettere tutti coloro che reputano la maratona o le lunghe distanze come il top della corsa (vedi sui fanatici delle lunghe distanze). Sono tempi che possono essere raggiunti da chi corre solo per la salute e sfrutta, ad esempio, il programma del fondo progressivo. Si potrebbero fare tabelle paragonabili per il ciclismo o per il nuoto, ma nella corsa viene più semplice perché la tecnica è ridotta e i margini di errore sono minimizzati. In linea indicativa, un soggetto maschio di 30 anni dovrebbe correre i 10 km in almeno 45′. Una donna di 30 anni, invece, li dovrebbe correre in almeno 50′. In realtà, se un uomo fa 45′, una donna ben allenata e con peso ottimizzato arriva 48-49′. Se è più difficile vedere donne sotto i 50′, è perché molte corrono facendo jogging o fitness. Basta andare a qualche gara tapasciona e ci si accorge della competitività (tante volte negativa) tra le runner categoria senior, cosa che fa capire che il problema non è assolutamente l’essere donne!

Età (fisica) Uomini (10 km) Donne (10 km)
40 anni 46′ 52′
50 anni 50′ 56′
60 anni 54′ 60′
70 anni 58′ 64′
80 anni 60′ 66′

La tabella non è mia, ma è estrapolata da una guida del “New York Road Runners Club”. Ho considerato gli atleti intermedi, valutando un 90% circa del potenziale massimo per quella fascia di età (*). Si potrebbe fare una tabella anche per gli atleti avanzati, ma non è questo lo scopo che avevo in mente. Se si pratica il multisport, andrebbe sempre mantenuta un’ossatura di 3 sedute settimanali di corsa. Posto ciò, difficilmente si rimane fuori dalla tabella nelle varie fasce di età! Mi rendo conto che parlare di salute e tradurre in prestazione sia delicato ed estremamente soggettivo. Uno può sentirsi ben allenato a 40′ e un altro a 50′. Diciamo che i tempi dati sono mediamente raggiungibili, per quell’età, con un buon allenamento ma non distruttivo e un corretto stile di vita. Non è come avere l’obiettivo classico del sub 40′, che richiede un programma specifico non alla portata di tutti. Mettiamola così. Ragionevolmente, gli uomini giovani ricadono nel range 40-45′ con un allenamento serio ma non distruttivo, senza troppi patemi. Se vanno più veloci, buon per loro, ma per molti non è indolore e interviene spesso un fattore limitante. Quali sono questi fattori? Tantissimi, da quello fisico a quello mentale, i pregressi di sedentarietà, senza dimenticare le scelte di vita che tolgono l’opportunità del miglior allenamento possibile (in qualunque modo lo si interpreti).

* Per un amatore è una percentuale teorica che serve a capire il discorso, perché è difficile che riesca ad essere ottimizzato su tutti gli aspetti possibili come un professionista. Ne consegue che è raro che un amatore possa concretamente conoscere i suoi limiti assoluti.

I tempi della tabella valgono se:

– il peso è ottimizzato secondo i valori moderni;
– ci si allena da 3-4 anni senza lunghi stop;
– la corsa è lo sport principale (almeno 3 sedute settimanali e “scientifiche”).

3-4 anni è, solitamente, un tempo ragionevole per raggiungere buoni livelli (non il massimo potenziale, che è un discorso diverso). Alcuni ci possono riuscire prima e alcuni un po’ dopo, ma mediamente siamo lì. Se viene a mancare UNA SOLA delle suddette condizioni, non si può contestare i tempi delle tabelle. Per preparare una buona 10 km, ci vuole sempre una preparazione attenta. Non possiamo improvvisarla e non possiamo correrla facendo i 20-30′ di fitness in palestra. Una 10 km si dovrebbe preparare con un minimo sindacale di 3 sedute (vedi sulle ripetute). Nel multisport, le andature sono “medie” o di fondo lento. Va venissimo per la salute. Il multisport aiuta a ridurre la probabilità di infortunio, ma è chiaro che con 2-3 allenamenti di corsa non si possa fare una preparazione ad hoc. Chi pratica il multisport dovrebbe imparare a capire a che livello sta o dove teoricamente potrebbe stare. Se vuole dei parametri più verosimili, dovrebbe mantenere almeno 3 sedute di corsa.

In genere, anche facendo il multisport, ognuno dovrebbe essere in grado di raggiungere il 90% del proprio potenziale. Questa soglia non è casuale, perché eventualmente (per chi ha problemi, non tutti) serve a proteggerci di più dagli infortuni. Salvo casi particolari, tale soglia dovrebbe far rientrare nelle tabelle. Ricordiamo che, se corro 3 volte, farò 10 km in 45′ anziché in 43′ correndo 6 volte. Di fatto, è un gap irrilevante per gli amatori. Magari raggiungerete un tempo in modo più lento e graduale ma, come spiego nell’articolo sul progressivo, per me è un vantaggio.

Il mio consiglio è di non migliorare la prestazione per un agonismo nevrotico ed esasperato, ma per guadagnarsi una rendita per la vecchiaia (vedi anche su sport e vecchiaia). Il runner esperto sa gestire meglio il calo della vecchiaia! Questo discorso è molto importante. Non fatelo per ambizione o per primeggiare, ma per divertirvi il più a lungo possibile! Se, invecchiando, è un’impresa restare sotto i 60’… beh, sentirete di più il peso della vecchiaia. Dovete vedere i vostri obiettivi nell’arco della vita, perché si tratta di una vera e propria strategia contro la vecchiaia. È rischioso avere la mera prestazione come obiettivo perché, nel momento in cui essa decade, si è più predisposti a smettere. La prestazione è importante per la salute perché, con l’avanzare dell’età, occorre conservare il più possibile la forza e la flessibilità. Il jogging dà un contributo cardiovascolare, ma trascura forza e flessibilità.

E se inizia proprio in tarda età? Beh, a meno di non avere problemi gravi e irrimediabili, non è vero che la prestazione sarà inevitabilmente scarsa. Sono tanti i 50enni che iniziano a correre per la prima volta che, anzi, risolvono in questo modo alcuni acciacchi. Magari faranno un po’ più fatica agli inizi (non è detto), ma l’organismo reagisce bene. Ci sono 50enni che iniziano a correre e vanno più veloci di tanti giovani!

Come leggere e capire le tabelle

Le tabelle rappresentano i tempi di sufficienza per quella fascia di età. Cioè, vuoi per il lavoro, vuoi per la famiglia a cui si deve giustamente dedicare tempo, vuoi per altri impegni, vuoi per evitare di infortunarsi con allenamenti troppo pesanti e via discorrendo, non tutti vogliono o possono seguire un programma di allenamento professionale. Che senso avrebbe cercare di battere un tempo arrivando a odiare la corsa? Poi, quando si parla di corsa, bisogna anche fare i conti con i traumatismi. Chi ignora questo aspetto e crede che tutti possano o debbano correre per più di 100 km, è uno stupido! I tempi della tabella sono pertanto ragionevoli in ogni contesto, anche quello di chi lavora in fabbrica per 8 ore e ha poco tempo per allenarsi. Con un allenamento scientifico, tosto, un runner mediocre può correre la 10 km sub 40′, magari se è anche geneticamente un po’ più dotato dei coetanei. Siccome però il mio obbiettivo è spingere le persone sedentarie a darsi da fare, un runner maschio qualunque di 30 anni, ben allenato e con peso ottimizzato, dovrebbe facilmente correre i 10 km in almeno 45′. La mia tabella è cioè una specie di “moribondo” più fine per chi ha superato il test dei 10 km in almeno un’ora. Ed è una tabella tarata sul normale amatore che corre per la salute, il quale, con gli impegni della vita quotidiana, non può di certo allenarsi come un professionista. Ed è giusto così, perché lo scopo della tabella è discriminare chi non fa un buon allenamento per la salute!

Chi ritiene impossibile mantenere i tempi delle tabelle, probabilmente, non conosce i record mondiali. Il record sui 10 km è stato da realizzato da Kenenisa Bekele in 26’17”. Il record delle donne, invece, è di 29’17” e appartiene ad Almaz Ayana. Il differenziale tra uomo e donna non è del 10%, perché altrimenti otterremmo un divario esagerato tra gli amatori. Verosimilmente, il divario è di 3-4′. Un uomo che vale 45′ su 10 km corrisponde a una donna da 48-49′ sulla medesima distanza. Una donna che corre 10 km in 48’30” è, proporzionalmente e considerando di avere la stessa età, più “forte” di un uomo che fa 46′ (dall’altro lato, come spiego qui, le donne rendono molto, anche a livello estetico, con il nuoto). Se ho messo un differenziale del 10% è perché, per una donna giovane, dovrebbe essere abbastanza facile (con un rigoroso allenamento) correre 10 km in almeno 50′. Come dicevo prima, spesso le donne non scendono sotto i 50′ perché hanno una visione della corsa ancora da fitness o jogging, quando invece il loro potenziale è ben maggiore. Tranquilli, se non riuscite a rientrare nei tempi delle tabelle, non datevi per spacciati. No, assolutamente no. Datevi da fare, invece, e correggete gli aspetti che non vanno.

I tempi delle tabelle non sono affatto impossibili, ma è chi non ci riesce che deve vedere cosa sta sbagliando!

Ipotizzo sui possibili errori: sovrappeso, eccesso di alcol, fumo, mancanza di motivazione, mancanza di impegno, poche sedute di allenamento, infortuni ripetuti. Molte persone si vedono migliorate a 50 anni, rispetto a 30 anni, proprio per questo motivo. Non è che si è invertita la vecchiaia, ma sono stati eliminati i fattori viziosi che facevano scadere la prestazione a 30 anni! E nemmeno bisogna dare la colpa ai “problemi”. Spesso, i problemi ortopedici possono risolversi con la chirurgia, ma conosco tante persone che non vogliono operarsi e continuano a spendere soldi in terapie palliative. Se si operassero, non solo risparmierebbero soldi, ma ne gioverebbero soprattutto in qualità della vita. Sì, è vero, ci sono persone che hanno degli oggettivi impedimenti, ma il mio discorso vale per chi ci mette della colpa. Se uno non ha una gamba, non correrà come un normodotato (anche chi è senza gambe può correre!). E va bene. Ma se uno ha un problema all’ernia del disco risolvibile con un intervento, per quanto l’intervento possa essere tosto, ha tutta la colpa della sua incapacità!

Altra cosa. Lo sport è praticato bene se ritarda (ma non annulla!) la vecchiaia di 20 anni. Quindi, per un 30enne maschio, con un allenamento superficiale, il test potrebbe sembrare semplice. Il difficile sta nel mantenersi veloci in età più avanzata e, per fare questo, bisogna mantenere un ottimo stile di vita. Tantissime persone riescono, senza troppi sforzi, a correre 10 km in 48-52 minuti in giovane età, ma non sanno mantenere la velocità in vecchiaia. Erroneamente, danno la colpa all’età o a qualche presunta impossibilità. Al contrario, è proprio in vecchiaia che lo sport diventa più importante!

Attenzione, però. Come forse avrete già intuito, i tempi riportati NON corrispondono al personal best. Si intende il proprio valore, cioè il tempo che si riesce a ripetere in modo per così dire “facile”. Ok, il fiatone da morire ce l’avete, ma se non sapete correre per più volte in quel tempo, beh, non è quello il vostro reale valore! Quello che conta è la ripetibilità di quel tempo, altrimenti non ha senso.

Il guanto della sfida!

Le tabelle mostrano un importante spunto, che è ciò che vorrei davvero far capire: la sfida verso se stessi. Ed Whitlock è riuscito a correre la 10 km sotto i 43′ a 80 anni (*). Imparate a conoscervi e provate a vedere se riuscite a mantenere certi livelli. Non è detto che ci riuscirete, è tutto indipendente dal raggiungimento dell’obbiettivo. E questo è bene capirlo. Quello che conta è dare tutto se stessi, il massimo dell’impegno, tentare. È questo che fa la differenza tra chi molla a causa dell’età e chi invece lancia ancora il guanto della sfida: la voglia di provarci, di gettare lo sguardo oltre il traguardo per correre fino alla fine dei propri giorni. Perché, se la motivazione per fare sport si spegne (a causa del calo fisiologico di prestazioni dovuto all’età o meno), si è spenta prima di tutto la vita dentro di noi. Purtroppo, per le donne mancano riferimenti più precisi con cui confrontarsi. Il tempo di Whitlock, a 80 anni, è stato di 42’39”. Quello della Nakano, nella stessa categoria, dubito che sia il top che una donna può raggiungere a questa età. Direi che si possa fare meglio dei suoi 51’46”. Verosimilmente, una donna può scendere a 48′. Però non importa, perché il messaggio è quello di mettersi alla prova e vedere, senza nevrosi e senza fanatismi, cosa possiamo ricavarne. È per questo che ho fatto il discorso della rendita. Non si tratta affatto di primeggiare, ma di continuare a trarre il meglio dallo sport. Prima di tutto, bisogna imparare a non sentirsi vecchi dentro. Il calo della prestazione ci sta e nessuno può rimanere ai livelli di quando aveva 30 anni. Ma bisogna provarci e dare qualcosa in più per mantenere gli stimoli, compatibilmente con un obiettivo ragionevole.

* In realtà, penso che sia stato più furbo il francese Robert Marchand. Whitlock si è incaponito troppo sulla maratona. Anche se non posso scientificamente dimostrarlo, penso che sia per questo che il britannico sia scomparso prima di quello che ci si aspetterebbe da uno sportivo in salute. Marchand ha preferito il test dell’ora nel ciclismo che, grossolanamente, potrebbe corrispondere alla prestazione sui 10 km.

Io lo ripeto sempre: i fanatismi sono sempre da bandire. È uno dei peggiori modi per vivere lo sport, anche quello agonistico. Dall’altro lato, non bisogna cercare degli alibi per non impegnarsi. Quanto avete dato per raggiungere quel tempo? Se avete ce l’avete messa tutta, senza ammazzarvi e rinunciare al sonno ma faticando con equilibrio, è un incredibile successo e dovete gioirne. Se invece avete passeggiato e ve la scialate euforici e gongolanti, perché magari madre natura vi ha dato qualcosa in più rispetto ad altri meno dotati, non avete assolutamente capito nulla del valore che ha una prestazione.

A questo punto, sorge la domanda: come si migliora la prestazione? Non si può di certo dirlo così, su due righe. Diciamo che chi ha scarse doti di velocità dovrebbe abituarsi a fare delle ripetute e puntare sul fondo medio. Inserite dei piccoli e graduali sovraccarichi, così da evitare gli infortuni. Poi potete anche fare un periodo di mantenimento e ripartire più avanti. Il mio pensiero ricalca quello del grande campione Pietro Mennea. Dovete apprezzare la fatica, sfidare voi stessi ed essere dei campioni nella vita di tutti i giorni, non per una medaglia o un salame scaduto!

Vedi anche “Varia gli allenamenti e abbi pazienza… correrai meglio!

Sicuramente, per gettare lo sguardo oltre il traguardo occorre entrare in un contatto spirituale con lo sport, che permetta di viverlo globalmente. Non basa il mero e solo riscontro cronometrico. No, c’è qualcosa di ben più profondo, un qualcosa che scatta e che ci cambia radicalmente in ogni ambito della vita!

Ovviamente, lanciare il guanto della sfida non dev’essere un concetto estremizzato. Non dovete fare i masochisti per raggiungere un limite ad ogni costo. Prima, ho detto che va bene arrivare al 90% del proprio potenziale per proteggersi dagli infortuni. Lanciare il guanto della sfida vuol dire provarci, vedere se si può. È una cosa a prescindere da ogni risultato. Se l’obiettivo è troppo ambizioso, è meglio ridimensionarlo. È vero, ci vuole sempre l’equilibrio. Troppo spesso, i runner si fanno prendere eccessivamente. Dall’altro lato, tuttavia, siamo diventati una società così sedentaria da aver dimenticato che l’organismo umano ha grosse potenzialità. È un concetto che ho spiegato anche sull’allunaggio. Ci sono degli arzilli 60enni che corrono la 10 km sotto i 40′! Prima di dire che è impossibile, provateci. Magari non arriverete all’obiettivo, ma magari vi avvicinerete. Vivere sta in questo:

provarci e vedere delle possibilità laddove altri vedono dei limiti invalicabili.

Il jogger con il walkman

Avete capito il perché delle tabelle? Le tabelle abbattono le convinzioni di coloro che fanno jogging con il walkman di fatto passeggiando, magari con il cardiofrequenzimetro, e si considerano in perfetta forma fisica. Spezzano duramente, ma innegabilmente, le illusioni di chi tira fuori le scarpette per la corsettina all’arrivo della bella stagione e, appunto, crede di essere in forma smagliante. Avete presente quelle foto di jogger sorridenti e senza una goccia di sudore in siti stile Donna Moderna o Novella 2000, con pantaloni lunghi e maglia lunga appesa alla vita? Ecco, ci siamo intesi. Uno può anche allenarsi gradualmente, ma lo fa con serietà e prosegue per la sua strada. Finché si impegna, a meno che non ci siano particolari complicazioni, è difficile che non raggiunga quell’unico vero obbiettivo: ritardare la vecchiaia.

Campioni si nasce, e debosciati?
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