Aborto

L’aborto è un argomento delicato su cui è facile parlare senza tuttavia averne la profondità. Di solito, i due schieramenti sono quello dei religioso contro l’aborto e quello dei progressisti che sono a favore. Essere favorevoli all’aborto, a mio avviso, è un buon indicatore di modernità di un paese e, anche qui, sono sempre i paesi scandinavi a uscirne vincitori. Sorprendentemente, paesi gettonati per emigrare permettono sì l’aborto, ma in modo limitato. Il Regno Unito, ad esempio, incredibilmente non ammette l’aborto in caso di stupro, il che conferma che, tutto sommato, i paesi veramente top sono pochi. Tornando al discorso sull’aborto, la legge italiana (la famosa “legge 194) prevede che l’aborto sia concesso entro i primi 90 giorni. Dopo i 90 giorni, l’aborto viene concesso solo in caso di pericolo per il futuro nascituro o per la donna. Questo tipo legislazione permette alla donna di avere il tempo per riflettere se vuole davvero avere un figlio e, per farlo, ha un tempo di 90 giorni. Qui la donna è tenuta a riflettere se il ruolo di madre potrà avere problematiche fisiche o mentali per lei o per il figlio, se è nelle condizioni economiche per occuparsi del figlio, se le condizioni sociali o familiari sono ideali, e ovviamente la condizione per cui è avvenuto il concepimento. In quest’ultimo caso, leggasi di fatto: stupro (ma non solo). Dopo i 90 giorni, si presume che la donna abbia potuto riflettere a sufficienza per stabilire se abortire o meno e solo nei casi descritti è ancora possibile abortire.

Qualità della vita

La legge 194 è chiara, eppure incredibilmente gli antiborzionisti non ne recepiscono il senso e stabiliscono un no a prescindere, considerando la vita come sacra in modo assoluto. Ma come si può ritenere un bambino con sindrome di Down come un bambino che ha una buona qualità della vita? Certo, può essere accettabile, ma quando ero a scuola conoscevo un bambino che soffriva della sindrome di Down. Se non veniva preso in giro, le coetanee lo rifiutavano. Una volta all’oratorio (lo ammetto, ho vissuto un periodo da “bravo ragazzo” anche io) lo vidi piangere perché aveva una cotta per una ragazzina. Avevo assistito alla scena con un senso di impotenza, perché, non prendiamoci in giro, se è da criminali discriminare, dall’altro lato bisogna ammettere che non sia esattamente il “grande amore dei sogni” quello con un soggetto affetto da sindrome di Down. Ma la “cattiveria” è proprio nei suoi confronti, che vivrà magari con l’affetto dei genitori ma poi avrà dei forti limiti con il sesso opposto. Sinceramente, mi sentirei egoista e crudele a fare qualcosa del genere a mio figlio, perché metterei in primo piano, appunto egoisticamente, il mio desiderio di essere genitore e non la qualità della vita di mio figlio. Ma mentre il discorso della disabilità è recepito da tanti, altre condizioni non lo sono. Tanta gente ad esempio vuole punire una donna che è rimasta incita per incoscienza, per “errore di gioventù”. In realtà, anche in questo caso la punizione è sempre nei confronti del figlio. Si vuole punire l’immaturità della donna o della coppia, ma finisce come al solito per pagarsela il figlio. E indubbiamente, i film dove la donna si convince nel gran lieto finale a non abortire, proprio come le bambole da piccoli che indirizzano già le bambine alla maternità, non aiutano a scegliere con razionalità e buon senso. Proviamo a riflettere:

come si può credere che un figlio riceva il meglio se la donna non abortisce perché ha ricevuto pressioni?

Certo, la donna può anche dare in affido il bambino, ma questa dev’essere una scelta e non un obbligo. Anche perché, a questo punto, si può obiettare che, se tutte le donne danno in affido, gli orfanotrofi rimarrebbero pieni e non si riuscirebbe più a “smaltirli”! Una donna che non abortisce per via delle pressioni finisce inevitabilmente per amare a metà il proprio figlio o il figlio finisce per subire le lamentele di una madre che accusa il figlio di averle rovinato l’esistenza nascendo. Attenzione, perché con questo approcio si rischia seriamente di provocare dei gravi drammi, ovviamente da parte del bambino, bambino a cui verrà ovviamente data la colpa anche per gli eventuali disturbi che svilupperà. Sono eccessivo con la critica? Direi di no, basta guardare la realtà quotidiana e non mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi.

L’inizio della vita

L’unica vera e accettabile critica degli antiaborzionisti dovrebbe essere questa, cioè sul quando inizia la vita. L’argomento è controverso. Il problema sta nel fatto che stabilire quando una vita inizia non è come superare il confine tra un paese e l’altro. Non è come fare un passo e dire “ora sono passato dall’Italia alla Svizzera”! Gli scienziati infatti sanno che una specie si evolve nel corso di milioni di anni, di mutazione genetica in mutazione genetica. Forse rimarreste sorpresi se scopriste che l’uomo ha iniziato la sua evoluzione 65 mln di anni fa circa, a partire da un animale simile al procione. Eppure, nel corso dei milioni di anni, tra estinzioni e ramificazioni varie, da quell’animale siamo arrivati noi. Ma non è possibile dire “adesso sono uomo, ieri ero procione”! Lo stesso vale per quando si parla di feto umano. L’evidenza scientifica ci dice, infatti, che un feto umano ha probabilità di vivere a partire dalla 18esima settimana. Alla 18esima settimana, per la verità, le probabilità sono basse, mentre è dalla 22esima settimana che il feto a lungo andare può sopravvivere bene. Ciò nonostante, possiamo considerare il feto come vitale dalla 18esima settimana in poi. La 194 è dunque più restrittiva rispetto alle evidenze scientifiche, proprio per scongiurare critiche sul fatto che il feto potrebbe anche essere vitale una settimana prima. 18 settimane corrispondono a 4 mesi e mezzo e la legge prevede che si può abortire senza particolari motivazioni entro i 90 giorni, quindi abbiamo un “limite di sicurezza” molto ampio di un mese e mezzo. Io trovo che la legge 194 sia pertanto giusta e valida così com’è e, fidatevi, detto da uno che critica spesso la legislazione e l’autorità, detto da uno che non prova affatto simpatia per poliziotti e carabinieri (vedi il “caso Cucchi” e il concetto di legge e giustizia non equiparabili), vorrà pur dire qualcosa.