Calorie degli alimenti più comuni

Molti alimenti di normale consumo non hanno l’etichetta. Come fare a calcolarne le calorie? Come possiamo riuscire a calcolare una porzione in modo tale da non eccedere? Diciamo che non ha senso calcolare esattamente le calorie di un alimento, perché altrimenti l’atteggiamento diventa maniacale. Tuttavia, possiamo stabilire un range accettabile di approssimazione che ci permette di seguire con efficienza il nostro fabbisogno calorico.

Lo so, esistono diverse tabelle con i valori nutrizionali, ma lo scopo delle mie indicazioni è quello di abituarsi a fare una stima. Se ogni volta dobbiamo andare a controllare una tabella, praticamente dobbiamo mangiare con la calcolatrice in mano. Abituatevi, invece, a saper approssimare in breve tempo le calorie degli alimenti. Inizialmente si farà sempre un po’ di sforzo, ma ci metterete un attimo a ricordare il dato di riferimento. Ci tengo a chiarire questo discorso del riuscire ad avere una stima. Avremo sempre un margine di errore ma, per ogni categoria di alimenti, l’errore sarà trascurabile nella globalità. Se siete tra quelli che mettono via uno spaghetto per avere le calorie spaccate, dovreste rivedere il vostro rapporto con il cibo.

Le indicazioni non stabiliscono se un alimento è migliore o peggiore. Questo discorso non c’entra niente, perché comunque l’alimentazione di ognuno dev’essere libera e varia, senza pregiudizi.

Vediamo le categorie di alimenti più comuni.

Pane
Esistono diversi tipi di pane: di segale, integrale e il pane bianco. Tutto sommato, però, la differenza è minima. Quello di segale è quello meno calorico, poiché contiene più umidità: ha 220 kcal/100 g. Quello integrale si attesta intorno alle 250 kcal/100 g, mentre il pane bianco comune non si discosta molto ed è di 280 kcal/100 g. La piadina è molto più calorica, visto che contiene una buona parte di grassi: siamo a 300-340 kcal/100 g. Il pane azzimo, poiché ha pochissimo contenuto di acqua, è praticamente una fetta biscottata e sono circa 400 kcal/100 g.

Carne
La carne è la categoria più variabile e districarsi può non essere semplice. Qui conta il nostro occhio, che deve saper notare la quantità di grasso visibile (sono quelle striscioline di bianco). Questo grasso si dice marezzatura. Possiamo suddividere la carne in tre grosse tipologie: magra, semigrassa e grassa. Quella magra è la fetta di pollo misera delle diete da fame. Ma non solo, anche alcuni tipi di selvaggina come il cervo, il capriolo e alcuni tagli del bovino. Non noterete nessun grasso visibile a occhio nudo o solo pochissimo. La carne magra ha 100 kcal/100 g. La carne semigrassa inizia ad avere un po’ di marezzatura visibile. A seconda di quanto è visibile, l’apporto energetico va dalle 150 kcal alle 200 kcal, con un valore medio di 150-180 kcal. Il pollo con la pelle, la fiorentina, il capocollo e il filetto sono classificabili come carne semigrassa. La carne grassa ha 250 kcal/100 g e ha molta marezzatura. Un esempio è la salsiccia (cruda). La carne dell’oca è tra le più grasse e ha 350 kcal/100 g. Una nota sulla pancetta, che comunque è bene acquistare senza nitriti (lo so, è un’impresa, ma non si sa mai). Essa ha un range piuttosto variabile e può andare da 300 kcal per quelle magre alle 400 kcal di media, fino ad arrivare a pancette che hanno praticamente le stesse calorie del guanciale (500-550 kcal/100 g). Dopo la cottura, la carne perde un 30% circa di acqua, pertanto è meglio pesare la carne a crudo. È possibile sbagliare la valutazione ad occhio, ma poiché non è che mangiamo chili di carne tutti i giorni è un errore trascurabile. La carne magra, come detto, è riconoscibile: non c’è un filo di grasso! L’errore si può avere con la carne semigrassa, ma lo sbaglio è marginale rispetto a quanta carne possiamo mangiare nella dieta.

Pesce e prodotti ittici
Valgono più o meno le stesse considerazioni fatte per la carne (si intende sempre per parte edibile e a crudo). Il pesce magro, come ad esempio il merluzzo e il palombo, ha intorno alle 80 kcal/100 g. Molluschi e crostacei hanno 70 kcal/100 g. Fa eccezione il polpo, che in teoria ha 70 kcal/100 g come altri molluschi (cozze, vongole), ma da cotto arriva a ben 140 kcal! Dunque, abbiamo del pesce con valori intermedi, come il pesce spada e il salmone. Questa categoria può andare dalle 120 kcal del pesce spada e lo storione alle 180 kcal di un salmone abbastanza grasso. Il salmone è molto variabile. Esistono salmoni magri da 120 kcal e altri più grassi da 180 kcal. Anche qui, è l’occhio che conta. Un salmone bello grasso si vede subito, mentre uno un po’ più magro avrà meno venature bianche. Lo sgombro è più stabile e ha circa 150 kcal/100 g. L’anguilla è invece molto grasso e ha 240 kcal/100 g! Per gli errori nella valutazione ad occhio, il discorso è lo stesso della carne.

Formaggi
Suddividiamo in tre tipologie: formaggi freschi, formaggi molli e formaggi stagionati. I freschi (mozzarella, caprini) stanno a 250 kcal/100 g. Quelli molli (Taleggio, Gorgonzola, Brie) a 300 kcal. Quelli stagionati, tipo il Parmigiano, hanno 400 kcal/100 g. Questi valori non sono precisissimi ma, poiché non mangiamo 100 g di formaggio ogni giorno, il margine di errore è irrilevante. Molte aziende hanno creato anche dei formaggi light, ma solitamente questi formaggi hanno l’etichetta. Alcuni sono buoni, altri sono fin troppo snaturati e non hanno senso.

Patate e legumi
Le patate sbucciate sono da calcolare a 90 kcal/100 g. Tra i legumi, i piselli e il mais hanno mediamente 70 kcal/100 g. I ceci sono più calorici e hanno 100 kcal/100 g, ma in questo caso intendo il peso da cotto. I legumi secchi hanno tutti più o meno 300 kcal/100 g (per esempio le lenticchie).

Frutta
Può non sembrare, ma la anche frutta ha un range piuttosto variabile. Ad esempio, una mela si può dire che ha 40 kcal/100 g, ma non è sempre così. Esistono mele molto dolci che possono arrivare a 60-70 kcal/100 g, vedi le famose Fuji. Per evitare di sbagliare di troppo, occorre suddividere in frutta ipercalorica e frutta normocalorica. La frutta ipercalorica è rappresentata da: banane, fichi, mandarini, kaki, melograno, uva e kiwi. Essa va calcolata a 80 kcal/100 g. Il resto della frutta può essere approssimata a 50 kcal/100 g. I semi oleosi (semi di papavero, semi di sesamo ecc che sono tanto di moda) vanno considerati come la frutta secca lipidica.

Frutta secca lipidica e frutta essiccata
La frutta secca ad alto contenuto di grassi ha un valore medio di 600 kcal/100 g. È il caso di pinoli, pistacchi, arachidi, mandorle. Poi c’è la frutta essiccata glucidica, come ad esempio le prugne e le albicocche secche. Sono intorno alle 250 kcal/100 g. Alcuni frutti secchi o essiccati possono avere un po’ più o un po’ meno calorie, ma di solito non mangiamo questi alimenti in gran quantità, motivo per cui l’errore è del tutto superfluo. Tecnicamente, le arachidi sono dei legumi, ma per l’apporto calorico i nutrizionisti le mettono nel calderone della frutta secca lipidica.

Verdura
Qui è facile. Anche se possiamo andare dalle 10 kcal alle 40 kcal, la differenza è di fatto inesistente e possiamo approssimare il valore a 20 kcal/100 g. In questa categoria, è compresa anche la frutta che viene mangiata come verdura: zucchine, melanzane, peperoni, pomodori.

E se si mangia fuori?

Voglio infine considerare non un alimento, ma una situazione molto comune e che merita di essere spiegata. Cosa fare quando si mangia alla mensa, al bar o altrove alla pausa pranzo dell’università o lavoro o per altri impegni? Di solito, si tende a mangiare la stessa cosa, difficilmente qualcosa di diverso rispetto a quelle 2-3 portate. Allora il problema è facilmente risolvibile:

qualunque errore si commetta nell’approssimazione, l’errore diventa sistematico.

Cosa vuol dire? Che posso stimare il mio fabbisogno calorico e poi andare a pesarmi dopo una settimana o due e vedere come sono andato rispetto alla stima del fabbisogno calorico. Se metto peso, vuol dire che ho sottostimato. Se perdo peso, vuol dire che ho sottostimato. Tutto questo ammettendo di annotare le calorie di colazione e cena, sia ben inteso. Se non annotate le calorie di colazione e cena. Capisco che a volte vi serviranno un po’ meno e a volte un po’ di più, ma ogni errore andrà compensandosi. Come potete notare, non c’è da andare nel panico se mangiate fuori per lavoro o attività di ateneo. Poi, beh, si presuppone che uno alla pausa pranzo non si strafoghi di linguine ai frutti di mare e vinello!

Il discorso NON comprende chi mangia saltuariamente al ristorante, perché diventa una tipica eccezione alimentare.