Le città green del futuro

Potrà sembrare strano che, dichiarandomi ambientalista, preferisco vivere in un luogo che è, sì, un piccolo paesino, ma è anche circondato da tanti negozi, fast food e centri commerciali (luoghi che comunque non frequento, a parte i normali supermercati e, come negozi, solo quello dischi). Non è una contraddizione e ora spiego il perché.

Innanzitutto, è vero che le grandi città sono molto energivore ma, dall’altro lato, offrono vantaggi di non poco conto. La delocalizzazione è uno dei problemi delle nostre infrastrutture (come dicevo già nell’articolo sull’edilizia). Per quanto la città abbia grossi consumi di energia, servire tanti piccoli paesini è difficile. Parlare di mafia vuol dire avere una visione troppo semplicistica del problema. È ovvio che la mafia ci sia e si voglia intrufolare dove le conviene, ma la visione non può limitarsi solo a questo. Il mantenimento delle infrastrutture è un’impresa ardua e sarebbe meglio avere tutto vicino anziché andare di qua e di là, con costi sia pecuniari sia di tempo (e il tempo, si dice in gergo, è denaro!). Se le zone non sono servite in modo efficiente dai trasporti pubblici, ci si vorrà spostare sempre di più in auto. Già me lo dicono alcuni che conosco. “Perché non prendi i trasporti pubblici?” La risposta è scontata, prevedibile e pure comprensibile: “Qui i trasporti pubblici non ci sono!”. L’errore è dare la colpa ai trasporti pubblici che non ci sono, senza capire che, se la popolazione è sparsa dovunque, i trasporti, mafia o non mafia, avranno molte difficoltà ad arrivare. Traduzione: volendo, i trasporti pubblici si possono portare, ma a un costo a cui molti si ribelleranno a ipotizzarlo soltanto.

Un altro problema logistico è quello dei dissesti dovuti ai cambiamenti climatici. Un conto è abitare a Milano o a Roma e un altro sui terrazzi di case della Liguria o nei vari luoghi sperduti in montagna. Le case di terrazzi sono pericolanti (bellissimi da vedere in cartolina, ma pur sempre pericolanti) mentre, per quanto riguarda i posti isolati in montagna, se succede qualche valanga o frana, l’intervento dei soccorsi può non essere immediato, isolandoti per giorni o chissà quanto senza corrente elettrica. Imparare le regole del primo soccorso è potenzialmente questione di vita o di morte. Voglio però precisare che c’è e città. Milano si allaga per due gocce di pioggia e Roma ha le buche, ma mi pare lampante che vivere a Venezia e a Napoli sia tutt’altra cosa. No, i meridionali non pensino male e non è questione mera di degrado. Venezia sprofonda, per quanto si facciano sforzi con il Mose, a causa dei fenomeni tettonci (da cui arriva un’acqua alta che in zone più “stabili” sarebbe magari più contenuta) e, per quanto riguarda Napoli, intendo il Vesuvio. L’unico modo per salvare le persone da colate piroclastiche è l’evacuazione, con conseguente abbandono dei propri beni. Napoli adesso continua a vivere normalmente, ma il pericolo Vesuvio è lì in agguato e può accadere tra 100, 1000 anni così come tra una settimana. Insomma, il concetto è che è meglio vivere in luoghi il più possibile sicuri, dove gli interventi arrivano in modo più celere. Non saremo mai sicuri al 100%, ma solo uno sciocco sceglierebbe la probabilità maggiore di rischio! A mio parere, è meglio lasciare i luoghi naturalistici così come sono e su questo una Greta mi darebbe ragione. Se gli sforzi per abitare in un luogo sono eccessivi, se i problemi possono arrivare da un momento o l’altro ed essere di grave entità (come ad esempio alcune zone terremotate e sfollate da anni), francamente preferisco non abitarci. Ovviamente, come da titolo, non intendo le città cementificate, pregne di nauseabondo smog, che sono andate di moda fino ad oggi. Purtroppo, ci sono ancora molte persone che neanche vogliono un giardino naturale a causa della presunta scomodità e preferiscono buttare colate di mattoni o fingere di avere un giardino con l’erba sintetica. Ecco, questo è uno dei modi più sbagliati di vivere la città e dobbiamo abbandonarlo. Sì, è vero, la natura della città resta sempre una natura artificiale ma, se si lascia tutto il resto a riprendersi la sua selvaticità, è decisamente meglio dell’attuale situazione. Dovremo abituarci ad avere meno macchine (*) e, al contempo, più trasporti pubblici (efficienti perché non devono andare in capo al mondo) e più natura. Ecco cosa si intende per città green, ovvero una città fatta a misura della qualità della vita. Che poi questo voglia dire essere circondati da tanti supermercati della grande distribuzione, dove sta il problema? New York è sommersa di fast food e negozi, ma possiede anche giganteschi parchi che i runner, i passeggiatori, i climber e gli amanti del fitness frequentano abitualmente. È una questione di efficienza e, spiace dirlo, buona parte delle aziende piccole o familiari non è in grado di offrire questa qualità a una popolazione intera (per poche vendite sì, per la popolazione no!). Le cosiddette piccole realtà hanno il loro fascino ma, quando si tratta di sostenere 8 mld di persone e più avanti 10 mld, non sono in grado di tenere il passo per stessa definizione.

* Come detto altre volte nel sito, se tutti queli che ora usano l’auto a benzina usassero l’auto elettrica, saremmo da capo. Vero che ridurremo le emissioni, ma andremmo a distruggere territori vasti, poiché per qualche kg di litio si smuovono tonnellate di terreno! La soluzione è rivalutare il modo di spostarsi. Non solo trasporti pubblici, ma anche il caro e vecchio cammino e la bicicletta.

A questo punto, una domanda può sorgere spontanea: perché programmi come Geo e altri parlano di città green, ma fanno pure vedere quanto sia meravigliosa la vita di campagna, in cui dovremmo tornare? Probabilmente sia perché non ne vedono l’incoerenza (vale anche per il discorso sovrappopolazione) sia perché molte persone farebbero fatica ad adattarsi a un nuovo tipo di società e, per loro, tornare o andare a vivere in campagna sarebbe la miglior soluzione. Infatti, le persone che si lamentano della globalizzazione, di Amazon, dei grandi colossi, della Cina e via dicendo sono a bizzeffe. Tutte persone che non accettano l’evoluzione del mondo. E fin qui ci può stare, ma devono essere consapevoli che allora il mondo non arriverà da loro e dovranno arrangiarsi in autonomia, senza pretese. D’altronde, già Darwin ci disse che sopravvive il più adatto, inteso come rispetto a un luogo (l’uomo difficilmente sarebbe sopravvissuto nell’era dei dinosauri!).