Il razzismo, una forma di violenza

Il razzismo è una forma particolare di violenza a cui ho preferito dedicare un articolo a parte. Ripetiamo la definizione di violenza, prima di tutto:

“La violenza è un abuso della forza che ha il fine di piegare qualcuno alla volontà di chi la commette”.

La violenza è uno dei gravi problemi che affligge il nostro paese, e ne discuto nell’articolo sul perché siamo un paese allo sbando.

Ora, il razzismo è la pretesa di stabilire una gerarchia secondo cui alcuni raggruppamenti umani (cioè le razze) sono inferiori e altri superiori. L’abuso della forza sta in questa pretesa, poiché in biologia e nella scienza non esiste il concetto di razza (*).

* Il termine “razza” viene usato solo ed esclusivamente in zootecnica (cioè allevamento) per riferirsi ad animali creati dall’uomo (i cani soprattutto). Gli animali appartengono sempre a una stessa specie, ma condividono tratti ereditari comuni tali da parlare di “sottoinsiemi”. Nell’uomo, le razze non esistono e al più si parla di cline, cioè la variazione di una caratteristica morfologica (fenotipo) in base all’adattamento in un’area geografica. La differenza tra le razze umane non esiste anche per un altro motivo. Ogni essere umano, dallo svedese all’africano, ha una corrispondenza genetica pari al 99.9%. Il concetto di cline è ben chiaro se però consideriamo che, nello 0.1% diverso, abbiamo quasi il 90% delle differenze genetiche. Forse è detto in modo un po’ contorto, ma questo discorso spiega che siamo una sola specie. Con le scimmie, condividiamo il 98% dei geni e siamo due specie diverse (parenti, ma due specie diverse).

Il razzismo in realtà è un fenomeno molto più ampio e non si limita solo alla razza. Prendete un cristiano e un ateo abortista. Possono andare d’accordo? Riflettete bene sulla vostra risposta. Il cristiano (se non è un falso credente) non può andare d’accordo con l’ateo abortista perché considera l’aborto un omicidio. Qui non c’è razzismo, è incompatibilità. Finché ognuno è libero di professare la sua morale nel proprio spazio, non posso parlare di razzismo. Se però uno dei due pretende di stabilire una gerarchia per cui l’altro è inferiore, sfociando nell’intolleranza, c’è razzismo. Esistono quindi diverse forme di razzismo, fra cui vale la pena segnalare proprio quello morale che è molto comune in Italia da parte della Chiesa e dei credenti. Risulta fondamentale notare che non basta non essere d’accordo su qualcosa per avere razzismo. Io posso considerare sbagliata un’idea, ma solo se discrimino divento razzista. Ovviamente il discorso non vale nel caso in cui si discrimini o emargini un comportamento oggettivamente (oggettivamente!) dannoso per la comunità (vedi il fumo), che sia direttamente o indirettamente.

Ah, una cosa da chiarire, che spiego alla fine dell’articolo sullo squadrismo fascista ancora presente in Italia. Alcuni gesti di violenza criminale sfociano nel razzismo, ma il razzismo è per così dire “secondario”. È più corretto dire che sono psicopatici, cioè un rischio per tutti quanti, che compiono anche crimini di razzismo. La differenza è molto importante per capire le cose!

Una delle tante prove di come il razzismo sia davvero una forma di violenza? Il genocidio ruandese tra Hutu e Tutsi. La suddivisione tra le etnie è puramente artificiale, messa in atto dai colonizzatori tedeschi e belgi. La discriminazione, a mano a mano, è sfociata nel genocidio, uno dei peggiori nella storia dell’umanità. La suddivisione tra Hutu e Tutsti, prima del colonialismo, non esisteva affatto. Tendenzialmente, Hutu e Tutsi avevano ruoli diversi nella società, ma non si facevano alcun problema a sposarsi fra di loro. L’odio etnico (o razziale) è nato quando i colonialisti hanno separato gli Hutu e i Tutsi in base a differenze fisiche puramente inventate. Secondo i colonizzatori, i Tutsi erano razzialmente superiori, in quanto si avvicinavano, “ovviamente”, ai caucasici. Come riconosce benissimo la scienza di oggi, la teoria era una totale bufala, ma non ha impedito il massacro di centinaia di migliaia di persone. Sulle responsabilità dell’Europa nei problemi dei paesi più poveri, ho discusso anche nell’articolo sull’immigrazione. L’articolo spiega anche il curioso modo in cui gli Hutu e i Tutsi si sono riappacificati. E, come racconto sempre nell’articolo sull’immigrazione, Hutu e Tutsi non sono l’unico esempio di riconciliazione in Africa! Leggete quella spiegazione, perché è veramente interessante. Fra le altre cose, la spiegazione sugli Hutu e i Tutsi insegna bene che, come dico più avanti, il razzismo non è un disturbo mentale.

Razzismo e xenofobia

Spesso, razzismo e xenofobia vengono considerati sinonimi, termini intercambiabili, ma non lo sono. Il razzismo si basa sulla gerarchizzazione tra superiore e inferiore (sulla discriminazione), mentre la xenofobia, letteralmente la “paura del diverso” (dal greco “xenos”, che vuol dire “estraneo”, più “phobos”, che vuol dire “paura”), come da termine, è una fobia. Nella pratica razzismo e xenofobia quasi sempre coincidono (vedi l’odio per gli immigrati a prescindere dalle loro reali qualità morali) e la distinzione lascia il tempo che trova. Comunque sia, quando si parla di razze, ricordatevi che i nazisti diffondevano teorie del tutto inventate e avevano descritto un ideale di ariano che però era esattamente l’opposto di quei “profeti”! A voi trarre le dovute conclusioni a riguardo.

Bisogna stare molto attenti a non passare dalla necessità di una miglior riforma dell’immigrazione al razzismo e alla xenofobia. Spesso, i razzisti e gli xenofobi si nascondono proprio dietro ai problemi di immigrazione, giocando sulla paura della gente di essere invasa. Paura che, da un lato, è perfettamente comprensibile, ma che poi serve a mascherare la vera indole di certa gentaglia. Le parole di Fontana in occasione delle elezioni 2018, che ha parlato di “razza bianca”, devono destare un serio allarme. Poco cambia se ha cambiato il tiro. Un politico deve saper attivare il cervello, prima di dire bestialità. E un politico che non sa attivare il cervello può solo fare disastri. Ma non è solo questo. È anche scandaloso che qualcuno difenda questo tipo di parole anziché condannarle.

Un disturbo mentale?

Negli ultimi tempi, è apparsa l’opinione di ritenere il razzismo come una malattia mentale. In effetti, in alcuni processi americani si punta a questo come difesa. Forse, attribuire al razzismo un disturbo mentale avrebbe, per alcuni, l’intento di rendere più grave il problema. Ma i disturbi mentali non c’entrano e tutto finisce per sortire l’effetto contrario a quello voluto. L’errore è basarsi sul fatto che il disturbo mentale è qualcosa di “cattivo”. Ma attribuire un disturbo mentale al razzismo non ha pregio, perché toglie la responsabilità di gravi atti come ad esempio quello di Traini a Macerata. Magari hanno davvero delle problematiche, ma quando compiono quegli atti sanno quello che stanno facendo, sono capaci di intendere e volere e sono responsabili. È qui che nasce la confusione. Il razzismo non è un disturbo mentale. Un problema culturale, una forma di violenza… tutto questo sì e ne possiamo discutere, ma non è un disturbo mentale.

Come ho spiegato nell’articolo sulle bufale del fascismo (che ho linkato prima), i gruppi come quelli di Forza Nuova sono formati da psicopatici. La psicopatia è un disturbo mentale, ma c’è sempre la capacità di intendere e volere. Non è il razzismo ad essere un disturbo mentale, ma la psicopatia (il termine corretto sarebbe disturbo antisociale della personalità, ma ne esistono diverse tipologie). E questo disturbo, sì, provoca danno agli altri. Ma essere psicopatici comprende sempre la responsabilità. Lo psicopatico di Forza Nuova sa quello che sta facendo e crede che sia giusto. Non gli importa di fare del male a qualcuno. È la sua ideologia e sa intendere e volere perfettamente. E queste persone psicopatiche possono apparire normalissime nella vita quotidiana. Possono avere una famiglia, dei figli, un lavoro normale, traendo in inganno chi li vede solo superficialmente.

Dire negro è razzista?

Ad oggi, di fatto lo è spesso nelle intenzioni. Va spiegata questa cosa perché i razzisti lo usano per nascondere il proprio razzismo pur manifestandolo, giustificandosi con il fatto che il termine deriva dal latino. Se è vero che “negro” veniva usato fin dall’antichità, anche da autori come Petrarca o Ariosto, in epoca colonialista è stato adottato in senso dispregiativo. Negri, inoltre, erano gli schiavi o gli ex schiavi negli Stati Uniti. Pertanto, partito indubbiamente come termine neutro, in seguito l’utilizzo è stato con il significato razzista. I razzisti replicano di nuovo sostenendo che i neri stessi si chiamano negri tra di loro per scherzo. E qui nascono gli equivoci. Dirlo per scherzo, sapendo che comunque il passato è stato quello, è un conto. Dirlo per razzismo e negarlo, tirando in ballo la goliardia, è decisamente un altro! Anche ne I Jefferson usano tantissimo il termine negro, ma in modo volutamente offensivo e razzista, affinché il significato razzista non venga dimenticato o sminuito. E non dimentichiamo Martin Luther King, che diceva spesso “nigger”, ma per pura provocazione verso le discriminazioni.

Razza ed evoluzione

Sbugiardiamo le assurde teorie sulla razza con la scienza. L’umanità, dai suoi albori, ha dovuto lottare contro le condizioni climatiche. Una condizione climatica grave è il sole, che invecchia la pelle e provoca ustioni e scottature. La reazione migliore per affrontare tutto questo è produrre melanina, quindi scurire la pelle. A rigor di logica, allora si dovrebbe dire che il più “forte” è l’africano. E che dire della genetica? Tra carattere chiaro e carattere scuro, nell’ereditarietà “vince” statisticamente il carattere più scuro. La scienza pertanto non rende così vantaggioso essere chiari. Non siete d’accordo e lo trovate razzista? Ovviamente sì, lo sarebbe se si facesse una discriminazione “al contrario” verso i bianchi. Bianchi che però, a loro volta, sono avvantaggiati nei climi freddi. Conclusione:

non esiste una “razza” superiore o inferiore, ma esistono ambienti e situazioni diverse in cui l’uomo si adatta!

L’ideologia di “preservazione della razza” non ha alcun pregio dal punto di vista evolutivo. È un dato di fatto scientifico che le specie interagiscono con altri gruppi e si mescolano. Ciò permette di evitare la trasmissione di malattie genetiche e avere quei cambiamenti che evolvono la specie. Basta vedere come le popolazioni umane isolate sono rimaste primitive! L’uomo non è bianco perché appartiene a una razza diversa, ma perché è emigrato nei climi freddi e le carnagioni chiare, che sono casualmente comparse, si sono adattate meglio. Sono i principi basilari della teoria dell’evoluzione descritti nell’ottocento da Charles Darwin. Darwin non ha mai detto che sopravvive il più forte, ma chi si adatta meglio all’ambiente (difficilmente l’uomo sopravviverebbe tra i dinosauri). E accadrà ancora che l’uomo si evolverà così, ovvero mischiandosi ed emigrando. Pertanto, tra 200 anni ce ne fregheremo bellamente delle “razze” come le conosciamo ora. Paradossalmente, le ideologie razziste vengono diffuse proprio sfruttando Darwin (darwinismo sociale). Ecco come infangare il buon nome di uno dei più grandi scienziati al mondo! L’uomo si è continuamente mescolato ed è sempre emigrato nel corso della sua storia. Si è mischiato anche con il Neanderthal, di cui le popolazioni non africane conservano un patrimonio genetico che va dall’1% al 4%, per un complessivo di patrimonio genetico del Neanderthal che arriva al 20% circa.

Cheddar Man, le differenze saranno individuali

A dimostrazione di come le ideologie razziste siano tutte bufale, esiste una scoperta molto interessante. Cheddar Man (*) è un uomo risalente a circa 10 mila anni fa, di cui abbiamo tutte le ossa. La sua caratteristica è quella di avere gli occhi azzurri, ma con una carnagione scura, non tipica di quella che oggi riallacciamo all’Inghilterra. Cheddar Man aveva anche i capelli scuri, forse ricci (non si sa se lo fossero per davvero, mentre si sa sicuramente che erano scuri). Il 10% della popolazione inglese odierna, che non ha storia di migrazioni, deriva da Cheddar Man. Erroneamente a quello che a volte si dice in giro, Cheddar Man non è un africano, ma fa capire benissimo l’assurdità del razzismo. La cosa stupefacente di Cheddar Man è la combinazione dei tratti e la forma del volto. Gli studiosi sono concordi che, alla fine, l’evoluzione farà il suo corso e le etnie si diluiranno. Questo discorso è stato spiegato bene anche in una puntata di Nautilus su Rai Scuola. Non baderemo più alla provenienza di qualcuno e le differenze saranno tra individuo e individuo. Tutto questo avverrà perché è così che funziona l’evoluzione. Se ci pensate, anche gli eschimesi abitano nei climi freddi, ma non sono affatto biondi con la carnagione chiara. Probabilmente avremo altre forme di razzismo, ma almeno su questo gli estremisti di destra dovranno arrendersi. La natura segue il suo corso ed elimina chi non è in grado di adattarsi, perché non esiste una specie superiore ad un’altra o viceversa. Un esempio odierno di come le differenze, a mano a mano, saranno individuali? Il giocatore di basket giapponese Rui Hachimura, con padre del Benin e madre giapponese. Ognuno di noi eredita metà dei geni dal padre e metà dalla madre. Ciò è avvenuto, ovviamente, anche per Rui Hachimura di cui, tuttavia, i tratti orientali non sono subito riconoscibili. Eppure, se si fa attenzione, i tratti orientali ci sono eccome! La peculiarità è che, probabilmente, in pochi noterebbero questi tratti se non venisse detto che la madre è giapponese. Se lo si guarda nelle foto in cui è rasato, passa tranquillamente per un tipico afroamericano. Peccato che Rui sia giapponese! I discorsi sui “lineamenti propri di un paese” sono pericolosi e ne abbiamo già pagato le conseguenze.

* Sì, come il formaggio, ma in realtà Cheddar Man deriva dalla gola di Cheddar nel Somerset.

Attenzione, capite bene il discorso sul colore della pelle. Se avete letto la spiegazione sul cline, sapete già cosa intendo. Il colore della pelle si diffonde come adattamento. In quel tipo di clima, quella carnagione denota gli uomini più in salute, i quali si riproducono e proliferano. Ma non è la carnagione che cambia perché l’uomo si deve adattare al clima. È la carnagione che appare casualmente e si rivela più adatta al clima e, poi, si diffonde! La stessa cosa vale per l’enzima lattasi e la capacità di digerire il latte, in barba a chi dice che è innaturale bere latte. Sono cose che avvengono naturalmente, come se non ce ne accorgessimo. L’adattamento del colore della pelle e dei tratti somatici può avvenire in diversi modi in un determinato clima. Esistono mille modi, come dimostrano gli eschimesi che, nei climi freddi, non sono affatto chiari e biondi. Questo è il pregio dell’essere umano, che non sarà forte come un leone ma ha le sue belle strategie. Charles Darwin ha sempre ragione! Notate come la teoria dell’evoluzione funzioni in tanti contesti, come quello della resistenza agli antibiotici. I batteri non sviluppano la resistenza perché sono abituati a “combattere” contro gli antibiotici. I batteri, come le piante e gli animali, subiscono delle mutazioni e, se queste sanno resistere agli antibiotici, proliferano. La vecchia generazione di batteri scompare ad opera degli antibiotici, ma viene sostituita da quelle nuove che hanno la resistenza! Il COVID-19 è una dimostrazione efficace della teoria. Il virus che lo provoca (SARS-CoV-2) non è mortale come l’ebola, cioè non è “forte”. Tuttavia, ha quella bassa letalità da mandare in tilt la società globalizzata. L’ebola è più letale, ma il COVID-19 si adatta meglio nel nostro sistema e si diffonde (*). Darwin, fino ad oggi, nel mondo microscopico e macroscopico, ha sempre ragione!

* Si parla di diffusione, non di contagiosità. Quando Fontana dice che il COVID-19 è altamente contagioso, dice una cosa scientificamente scorretta, cosa che rende gente come lui incapace di governare. Il morbillo, ad esempio, è 4 volte più contagioso. Il virus che provoca il COVID-19 non è “forte”, bensì intelligente nello sfruttare i punti deboli della società odierna. Secoli fa, la peste proliferava. Oggigiorno, i livelli sanitari sono sufficienti da scoraggiarne la diffusione, mentre il COVID-19 ci riesce non perché è “forte”, bensì perché riesce a scardinare le falle del nostro sistema.

Cheddar Man non è assolutamente l’unico esempio di fisionomia atipica rispetto a quello che noi conosciamo oggi. L’uomo, 6000 anni fa, 10 mila anni fa e 26 mila anni fa, era ben diverso da noi! Provate a vedere le ricostruzioni dei volti di uomini e donne dell’epoca e ve ne accorgerete. Certo, a volte le ricostruzioni sono soggettive, ma verosimili. Mi viene in mente Avgi, una donna di 18 anni ritrovata in Grecia nel 1993 e risalente a 9000 anni fa. I lineamenti del suo volto tendevano ad essere più “mascolini”. E che dire della ragazza di Stylthom, in Danimarca. Carnagione scura, capelli castani e occhi azzurri, caratteristiche già riscontrate in cacciatori-raccoglitori in Europa.

Razzismo francese, integrazione, Iwobi… quale insegnamento?