Capacità di recupero, non solo per l’allenamento

Più volte, ho sottolineato l’importanza delle capacità di recupero per ridurre la probabilità di infortunio. Se uscite a fare cicloturismo o jogging al fine settimana, può capitare di beccarsi un infortunio appena si tira un po’ di più. Il perché è intuibile: mancano l’abitudine, l’adattamento e la frequenza al gesto sportivo. Detto in modo semplice, la capacità di recupero è:

il tempo che il nostro organismo impiega per riparare i microtraumi fisiologici dello sport.

Una gara tirata al massimo, ad esempio, si recupera in giorni che sono equivalenti alla metà dei km (ad esempio, 5 giorni per una 10 km). È tutto perfettamente normale e non c’è da temere nulla, anzi, esattamente il contrario. Avere capacità di recupero, infatti, significa che il nostro organismo sa reagire meglio e sa smaltire meglio i radicali liberi.

I perché del recupero

Le cause della necessarietà del recupero sono svariate. Riassumendo:

– rigenerazione del glicogeno;
– ricostituzione muscolare;
– dipendenza dai carboidrati.

Mi spiego. Quando facciamo sport, consumiamo una buona parte di glicogeno, che rappresenta le riserve disponibili di carboidrati. A mano a mano che ci alleniamo, il glicogeno viene speso. E lo dobbiamo reintegrare dopo l’allenamento. La stessa cosa vale per la ricostituzione muscolare. Negli sforzi duraturi e intensi (quindi, non si parla di palestra), abbiamo un catabolismo muscolare che dev’essere compensato attraverso l’assunzione di proteine. Altrimenti demoliremo i muscoli, quando invece il nostro obbiettivo dovrebbe essere il contrario. La dipendenza dei carboidrati è da interpretare bene. I carboidrati non provocano dipendenza nel senso comune degli alternativi (vedi “Carne e carboidrati? Sì, grazie!“). In questo caso, si sta parlando di un organismo che sfrutta troppo i carboidrati per funzionare con efficacia. Vedi la dieta mediterranea, che propone un’assunzione troppo alta di carboidrati nella dieta. Per chi si allena per la salute, un quantitativo ragionevole di carboidrati nella dieta è del 50% circa. Affinché l’organismo impari a diventare più efficiente, ci vuole ovviamente un po’ di tempo, ma a patto di assumere una quantità equilibrata di carboidrati.

Notate bene:

il recupero non ha nulla a che vedere con lo smaltimento dell’acido lattico!

È incredibile, ancora tante persone, sportive o dedite al fitness, sono convinte che i dolori del giorno dopo (DOMS) siano dovuti all’acido lattico accumulato. Quei dolori sono dovuti ai microtraumi fisiologici o a un organismo ancora non adattato, non all’acido lattico! In genere, uno sportivo ben allenato avverte i DOMS il giorno dopo una gara. Ma l’acido lattico non c’entra un bel niente, perché si smaltisce entro poche ore!

Cosa peggiora il recupero

Abbiamo descritto i motivi per cui è necessario recuperare, ma trovo che sia molto utile discutere sugli elementi che peggiorano le capacità di recupero. Eccoli:

– troppi allenamenti intensi;
sovrappeso;
– età (over 50);
– inesperienza (chi si allena con continuità da meno di 2 anni)
– grossi volumi di allenamento.

In un programma sportivo, non tutti gli allenamenti possono essere al massimale. Il motto “no pain, no gain” è un modo molto stupido di ragionare. Non si deve terminare ogni allenamento “stanchi come si voleva”. Imparate ad eseguire anche il fondo lento, lisci e tranquilli. Se vi sembra di non esservi allenati bene, sbagliate di grosso! L’inesperienza è dovuta al fatto che i principianti non hanno ancora costruito la “carrozzeria”. La parola chiave è sempre quella: gradualità! Per quanto riguarda il sovrappeso, mi sembra scontato. I chili in più sono zavorra in eccesso, che gravano sulle articolazioni e fanno scadere la prestazione. Aggiungerei anche il fattore psicologico. Alcuni sentono di rendere solo se sono completamente riposati, ma sbagliano. Senza esagerare, bisogna accettare di allenarsi anche un po’ stanchi (ad esempio con il fondo lento). Terminate più sciolti e tranquilli, ma allenatevi lo stesso. L’importante è non sovraccaricare!

Come agire?

Primissima e importantissima cosa:

allenarsi di più NON vuol dire stancarsi di più!

Tenetelo a mente perché, spesso, chi si allena 5-6 volte a settimana fa questo errore. Può sembrare scontato, ma occorre avere equilibrio in ciò che si fa. In realtà non è così scontato, soprattutto per chi si fa prendere troppo e vuole correre sempre di più. In chiave salutistica, quello che bisogna capire è che non ha senso coltivare un agonismo estremo. Per uno sportivo salutista, la prestazione dev’essere almeno sufficiente, senza mai esagerare (vedi su corsa ed età fisica). Se siete principianti, dovrete partire da 3 allenamenti e stabilizzarvi per un certo periodo (variabile da persona a persona, ma diciamo intorno ai 6 mesi dal superamento del moribondo). Dopodiché, potrete inserire altre sedute, migliorando il recupero e la resistenza. Parola d’ordine: non abbiate fretta! Viceversa, gli over 50 che sono stati abituati a correre 5-6 volte a settimana dovrebbero fare al massimo 4 sedute, sostituendo quello che si faceva prima con altri tipi di attività meno traumatiche. Questo darà nuovo vigore alle doti di recupero, riducendo le probabilità di infortunio. Farete meno volume di corsa, ma cercando di mantenere allenata la soglia anaerobica che, giocoforza, cala con l’invecchiamento. Non si fa meno sport, perché si sostituisce con qualcos’altro!

I grossi volumi, ad esempio oltre i 60-70 km a settimana di corsa, possono provocare dei traumatismi. È vero che, se uno va più piano, può teoricamente gestire un chilometraggio elevato, ma sarebbe meglio non rischiare. Inoltre, non bisogna solo correre tanto, ma anche curare la qualità, cosa che permette di cambiare concretamente i parametri fisiologici e ottenere un metabolismo migliore. Ecco che allora, a mio parere, un programma sportivo che trae un giusto compromesso, senza troppe velleità di agonismo, può basarsi su 3-4 sedute di un solo sport (sia per il ciclismo che per la corsa). Avremo una buona base di fondo lento che ci dà la resistenza aerobica e, allo stesso tempo, se ad esempio seguiamo l’allenamento con il fondo progressivo, avremo anche un buon livello di fondo medio e soglia anaerobica. La stessa cosa vale per il ciclismo con il relativo programma salutistico. Se volete o potete allenarvi di più, senza scopi di specializzazione (che richiederebbe giocoforza più sedute e volume), esiste il multisport. Il lento deve restare un lento, non corsa lenta svelta o, peggio, un medio. Aumentare le sedute con l’obiettivo di diventare “stanchi come si voleva” è la strada giusta per farsi male. Questa avvertenza vale sia per il multisport sia per chi ne pratica solo uno.

Dobbiamo sempre tenere a mente che noi non siamo professionisti. Loro si allenano molto e recuperano perché possono riposare e dormire molto. Noi abbiamo una vita quotidiana, sperabilmente ricca e con tanti oggetti d’amore. Abbiamo il lavoro e altri impegni, la famiglia. Questo non vuol dire che non possiamo correre per 70 km o più a settimana, bensì che, se uno si allena così tanto e poi fatica a salire le scale fino al successivo allenamento, sta sbagliando. Sì, è vero, frattanto che arriva il successivo allenamento, forse ha già recuperato (a meno di non essersi infortunato, evento tutt’altro che improbabile). Ma è quello che sta “in mezzo” che fa la differenza ed è il motivo per cui è importante fare sport. Alcuni sperano di diventare più forti allenandosi tanto, ma non è sempre così. Forti in che senso? Se devi vivere il tempo tra un allenamento e l’altro come uno zombie, non direi proprio che sei diventato più forte! Occorre essere veloci e mantenere un buon metabolismo, ma saper anche tirare un po’ il freno. Farò un progressivo con tratto in soglia di qualche secondo più lento e il giorno dopo, anziché essere distrutto, sarò pronto per fare una camminata in qualche luogo che mi piace, per poi ripartire con la corsa. Ecco, questo vuol dire essere veramente forti, cioè quando lo sport ti permette di vivere con più intensità anche tutti gli altri oggetti d’amore.

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