Come fare sport in vecchiaia

Questo articolo non è rivolto solo alle persone di una certa età, ma anche ai giovani che vogliono sapere come gestire lo sport fino alla fine dei propri giorni. Sappiamo che lo sport ritarda la vecchiaia, ma non la blocca. Possiamo aumentare l’aspettativa di vita in salute, impegnarci a prevenire i più tipici problemi correlati alla sedentarietà e al sovrappeso investendo il nostro tempo nello sport. Ma, ahimè, dalla vecchiaia comunque nessuno scampa. Il punto è che, quasi come se fosse una beffa, è proprio in vecchiaia che diventa fondamentale fare sport. Finché si è giovani e ci si sente forti e immortali, è tutto più semplice. Ma poi, quando si arriva a 45-50 anni, la muscolatura inizia a calare, e il calo di prestazioni sportive è fisiologico. E iniziano a mancare le motivazioni, perché a 30 anni si correva la 10 km in 40′ e a 50 anni si fatica ad arrivare sotto i 44′. In molti si fanno condizionare psicologicamente da questo e scadono più di quello che dovrebbe essere in teoria (passando ad esempio dai 40′ sulla 10 km a 50′!), fino ad arrivare alla drastica decisione di mollare tutto ed entrare nella trafila di tutti gli altri sedentari che invecchiano male. I fenomeni della vecchiaia che si riscontrano a livello di organismo sono:

– calo del metabolismo basale;
– difficoltà a mantenere la coordinazione motoria;
– difetti nella termoregolazione (sete non percepita, vampate di calore, sensibilità al freddo);

ma soprattutto, sportivamente parlando

– riduzione della massa magra;
– riduzione della massa ossea (senza arrivare all’osteoporosi).

Dai 50 anni ai 70 anni, la riduzione della massa magra e della massa ossea è tutto sommato gestibile, mentre dagli 80 anni in poi diventa davvero un bandolo della matassa a cui si deve trovare soluzione. La perdita di massa magra è più problematica per i maschi, visto che le donne hanno di base una maggior percentuale di massa grassa. Per contro, le donne hanno più problemi con la perdita di massa ossea e quindi sono più sensibili all’osteoporosi. Da tutto questo, è evidente il ruolo cruciale dello sport per contenere i fenomeni negativi dell’invecchiamento. Come fare? La regola è:

continuare a dare importanza alla qualità.

Bisogna però capire come e lo vedremo con la regola successiva. L’errore di chi non molla è infatti, spesso, quello di accettare il calo di prestazioni tirando i remi in barca, paradossalmente però aumentando di più il chilometraggio per sentirsi ancora “ironman”. Ecco che allora arrivano le 50 maratone in 50 giorni, i 10 Ironman in un anno ecc, terminando sempre e comunque tranquillamente passeggiando, e il che non serve a nulla in termini salutistici (fa solo sembrare eroi davanti a chi non sa nulla di sport!). In proposito, vedi anche sui “Fanatici delle lunghe distanze e novelli Rambo“. E non solo non serve a nulla salutisticamente ma, considerando i fenomeni negativi descritti dell’invecchiamento, aumenta drammaticamente la predisposizione agli infortuni per via della riduzione della distanza critica (che chiaramente cala con l’età), specialmente se si corre. E un conto è infortunarsi a 30 anni, quando si è giovani, un altro infortunarsi a 70 anni con infortuni che rischiano di essere permanenti obbligando il soggetto ad abbandonare l’attività sportiva. Questo premesso che si è già fatto il possibile, in precedenza, per continuare a fare sport in vecchiaia. È del tutto inutile fare sport solo da giovani, rompersi per aver esagerato e smettere proprio quando diventa più importante fare sport, cioè in vecchiaia!

Quando si è vecchi, la soluzione più giusta è:

tarare la qualità a una distanza più alla portata, mantenendo il livello più efficiente di velocità.

Vuol dire che non ha senso correre la maratona in 7 ore, magari azzoppandovi. Meglio cercare di correre più velocemente i 5000 m. Marchand ha percorso 20 km in bicicletta in un’ora… a 107 anni! Una prestazione che, per un runner, potrebbe essere paragonabile a quella sui 10 km. La maratona non è una distanza ideale su cui misurarsi per la salute, ancora di più in vecchiaia (vedi anche su corsa ed età fisica). La riduzione della distanza critica significa anche che si potrebbe abbinare un altro sport, cercando di non correre più di 4 volte a settimana. Continuare a correre 5-6 volte a settimana rischia di non fare bene alle articolazioni (e vale anche per i giovani!). Se avete iniziato con il multisport fin da giovani, sarete avvantaggiati, perché non dovrete incominciare da capo uno sport da vecchi, cosa tutt’altro che banale da fare. Ricordate che, per i massimi benefici per la salute, basta l’equivalente di 5 ore di corsa a settimana, in tutto il complesso delle attività quotidiane. Non è un volume minimale ma, considerando che ogni attività fisica dà un contributo equivalente, vuol dire che non è necessario correre le lunghe distanze.

Continuare ad essere “veloci”

Può sembrare un controsenso dire di lavorare sulla velocità (qualità), visto che le prestazioni calano con l’età. Ma la prestazione è sempre tarata sull’età, quindi è un valore che va commisurato in questo senso. Le prestazioni calano con l’età ma, anche se può sembrare un paradosso, è lo sport ad essere la vera strategia anti-invecchiamento! Oltre, ovviamente, a una psiche capace di restare giovanile. Purtroppo, proprio a causa di una mente da vecchio, spesso il calo è molto maggiore di quello che dovrebbe essere. Il lento diventa jogging o ci si concentra a distanze sempre più lunghe, ma terminate passeggiando. O addirittura, si smette! Quello che bisogna fare è esattamente il contrario. Ad esempio, un runner che corre la 10 km in 42′ a 40 anni, a 60 anni deve cercare di correrla in almeno 48′. E allora, vedi che le motivazioni restano anche in vecchiaia? Gli obiettivi sfidanti ci sono sempre, ma bisogna capire quali sono e il senso che ne viene dato.

Capite perché è importante non limitarsi al jogging come purtroppo fanno in tanti? Chi impara a capire il modello della prestazione e fin da giovane fa allenamenti di qualità riduce gli effetti dell’invecchiamento e può campare di rendita, mantenendo una certa sufficienza. Fare jogging vuol dire fare attività a bassa intensità ed è ottimistico sperare di invecchiare bene così. Lo scopo dell’invecchiare bene non è quello di far sparire le rughe o fare sport con prestazioni uguali a quando si era giovani, ma di ridurre il naturale declino. È ovvio che, se parto da una condizione già insufficiente, a 60 anni sarà ancora più difficile raggiungere o mantenere la sufficienza (sempre che uno non abbia smesso prima!). Il senso di rendita e di fare una prestazione a scopo salutistico l’ho spiegato anche nell’articolo consigliato: “Prestazione sportiva e motivazione“. È in questo senso che la prestazione è importante, perché potremo continuare a divertirci più a lungo e in vecchiaia. Sicuramente, nella vecchiaia dovrebbe entrare in gioco l’esperienza. È per questo che un 60enne che inizia appena a correre può avere difficoltà a scendere sotto l’ora per i 10 km. Un 60enne che corre da decenni, invece, verosimilmente avrà più esperienza a mantenere la prestazione. O almeno, così dovrebbe essere se non si convince che più della corsa lenta non può.

Per riassumere, il consiglio è quello di:

giocare d’anticipo, guadagnandosi una rendita fin da giovani, con lo scopo di ridurre il crollo della e vecchia e divertirsi più a lungo.

Contrariamente a quello che si dice in alcuni articoli, non bisogna affatto accontentarsi. Si riduce la distanza critica e calano le prestazioni, ma bisogna sempre continuare a sfidare se stessi.

Il mio consiglio, se siete stati abituati a correre per 5-6 volte a settimana, è di non farlo per più di 4 volte a settimana se siete over 50. Potete sostituire il restante con qualche altro tipo di attività meno traumatica, con il fine di compensare il dispendio calorico e mantenere i benefici massimi dello sport. Ci sono giovani che sembrano reggere grossi volumi per molti anni ma, quando arrivano alla mezza età, incappano in continui acciacchi e infortuni. A questa età, lo scopo non dev’essere allungare le distanze, ma insistere sulle doti anaerobiche che, invecchiando, inevitabilmente calano. Va in controtendenza con quello che molti farebbero, ma funziona. Insistere ad allenare le doti anaerobiche non significa migliorare la prestazione dato che, dopo tanti anni, dovremmo essere già in calo. Vuol dire a mantenere il più possibile quello che ci resta, mentre il miglioramento della prestazione si ottiene soprattutto con l’aumento di volume (e il peso ottimizzato, ovviamente).

Quando cambiare strategia

Verrà un momento in cui cesserà la rendita su 10 km o sarà insufficiente per divertirsi. Il risultato è che si rischia di fare sempre jogging, dimenticando i fondamentali aspetti di forza e flessibilità. Ed è qui che si dovrebbe cambiare modo di ragionare. Ci si dovrebbe concentrare su distanze più brevi, ma che abbiano sempre un mix di stimoli. La distanza che reputo più congeniale, ovviamente per mia personale opinione, è la 3000 m. Perché questa distanza? Perché è quella che offre ancora un mix di caratteristiche tra:

– resistenza aerobica (78% contro il 96.5% della 10 km);
– VO2 max (massimo consumo di ossigeno);
– capacità lattacida;
– contributo anaerobico (22% contro il 3.5% della 10 km)

Non a caso, la 3000 m è la distanza della mezzofondo pura, mentre 5000 m e 10000 m sono la mezzofondo prolungata. Al limite potete provare una 1500 m, ma non distanze inferiori perché rischiate sia di perdere la componente aerobica (fondamentale per il cuore) sia di esagerare con la qualità.

Notate come correre i 3000 m vuol sempre dire maneggiare bene l’ora di corsa per mantenere il cosiddetto “fondo”. Se fate un’ora di corsa a 10 km/h, non ha senso finire la maratona camminando o strisciando. È meglio mantenere l’ora di corsa e cercare di dare il massimo sprint su una distanza inferiore, anche fosse 100 m. E i 100 m, fidatevi, sono tostissimi! Si può sacrificare parzialmente il volume, riducendo il rischio di infortunio, con lo scopo di mantenere l’elasticità, elemento fondamentale dopo gli 80 anni. Il “fondo” non sparisce, ma è indirizzato a una distanza più breve corsa più veloce dei 6’/km del moribondo. Tutto ciò avrebbe lo scopo di scongiurare di correre a una velocità sempre da jogging. Si scopre che questo ragionamento non vale solo per gli anziani, ma anche per i giovani. Non abituatevi a passeggiare in maratona, ma cercate di essere più veloci sulla mezzofondo!

Tante persone, quando passano una certa età, ripiegano sempre di più sulle lunghe distanze, ma è la scelta sbagliata. Quella giusta va contro il senso comune di molti runner. E resta sempre il fattore articolazioni, sovraccarico e infortuni. Un conto è correre la maratona fino ai 50 anni, un altro è farlo dopo! Ormai hanno capito anche i maratoneti professionisti moderni (vedi il record in maratona di Kipchoge) che bisogna puntare di più sulla velocità, facendo venire meno i chilometraggi fachireschi di una volta. L’ultimo record in maratona per i 70enni è di Gene Dykes. E ha imparato da chi deteneva il precedente record, ovvero Ed Whitlock: curando meglio la qualità, anziché correndo tanto, è passato da 3h29’15” in maratona a 2h54’23”. Battendo Whitlock, appunto. Questi record in maratona sono dei casi estremi, nel senso che la maratona non è la gara salutistica più indicata (come detto, Whitlock ci ha lasciati un po’ in anticipo rispetto a quello che dovrebbe essere uno sportivo salutista). Ma esistono tanti altri record del genere su distanze brevi. Vedi lo spagnolo Julian Bernal Medina: 14’13” sulla 3000 m piani a 86 anni. La cosa da sottolineare è che, se facciamo una teorica proporzione sulla perdita dovuta all’età, pur essendo ottimi tempi, non parliamo assolutamente di runner o atleti che avrebbero vinto la medaglia olimpica o di professionisti d’élite. Sono persone normalissime. Dykes ha addirittura iniziato a correre a mezza età! Tutto questo significa che non è correre tanto e sempre di più che conta, ma continuare ad essere veloci, paradossalmente anche di più in età avanzata. Solo così l’organismo, anche a un’età in cui si riduce la massa muscolare, mantiene una buona efficienza.