Dimmi come fai (o non fai) sport e ti dirò chi sei…

Lo sport è indubbiamente uno dei più efficaci indicatori esistenziali. Sia chiaro, la certezza assoluta non c’è ma, dal modo in cui una persona si approccia lo sport si può capire molto del carattere della persona stessa. Innanzitutto, la prima categoria di persone che voglio considerare è quella di chi non fa sport. Già, perché questa categoria racchiude la maggioranza e non si può non spendere due parole a riguardo. Spesso, chi non fa sport è una persona che ha scarsa attenzione per lo stile di vita. Mangia troppo, male, è sovrappeso, eccede con gli alcolici o fuma. Non prova alcun interesse per lo sport e si vanta che l’unico vero sport che fa è quello del guardare la TV in divano. Stiamo parlando di persone dissolute e che, se non cambiano in tempo, vivranno a lungo andare molto male. Non è necessario non fumare e non bere. Basta anche essere “solo” delle buone forchette e avere quei chili di troppo che, con il passare degli anni, diventano macigni con gravi problemi di salute. Accanto ai dissoluti, troviamo però un’altra tipologia di soggetti che non fa sport. Sono i soft. Ovvero, soggetti che hanno una mente abbastanza equilibrata, non hanno eccessi e sono normopeso. Tuttavia, sono soggetti abituati a creare condizioni in cui non vi è stress (lo stress non è sempre negativo, dipende da come uno lo gestisce!) e non si è in condizioni di metterci tutta la fatica di cui si dispone per portare avanti un impegno o un progetto. Non hanno particolari difetti caratteriali, ma non reggono lo sforzo di uno sport a medio-alta intensità perché, appunto, il loro mantra è vivere in modo soft. Non lasciatevi ingannare dalla dicitura, che in realtà rivela un grosso handicap. Nessuno che non faccia sport è davvero una persona forte. In sostanza, il soft, quando si tratta di sport, fa crollare tutta la sua fortezza, mostrandosi in fondo un debole, che non regge la fatica, la sfida, il piacere di provare a superare i propri limiti e giocarsela per la leggenda. A lungo andare, anche il soft pagherà la conseguenza del suo aborrare lo sport. Superati i 30 anni, infatti, il metabolismo calerà e inizierà inesorabilmente a invecchiare a velocità drammatica. Dovrà inoltre fare ingenti sforzi per mantenere la linea, però ovviamente lo sport mai!

Ma quali sono le altre personalità, ovvero quelle di chi fa sport? Vediamole.

Il competitivo violento – Il competitivo violento fa sport per vincere, anche “a tutti i costi” se necessario. Non gli interessa impegnarsi al massimo. Preferirebbe arrivare passeggiando, rispetto al proprio record, e vincere piuttosto che arrivare ultimo battendo il proprio record. La sua è una visione distorta del confronto con gli altri. È giusto confrontarsi con un avversario, provare a batterlo. Il punto è che il competitivo violento non riconosce una oggettiva superiorità dell’avversario. Inventa scuse come che non era in giornata, oppure, se potesse, gli farebbe uno sgambetto o gli metterebbe un bastone tra le ruote per farlo cadere dalla bicicletta pur di vincere. Spesso, il competitivo violento denigra e irride l’avversario quando riesce a batterlo. Avete presente i tifosi nel calcio? Ecco, se conoscete l’ambiente, avete capito cosa intendo.

Il superbo apparente – Ha una componente violenta. È classico di chi corre la maratona poco sopra le 3 ore e lo decanta a tutti, quasi irridendoli e ben tronfio del suo successo. Magari ha pure passeggiato per fare quel tempo. Non gli interessa tanto impegnarsi al massimo, quanto piuttosto sapere di essere superiore e farlo vedere. Non capisce che, se fosse veramente così dotato, anziché sbandierare il suo successo agli amici del bar, sarebbero i giornalisti a parlare di lui che vince alle Olimpiadi!

Il sacchettaro – Al sacchettaro, non interessa tanto vincere “a tutti i costi”, quanto piuttosto avere un premio. Dove il premio può benissimo essere una coscia di prosciutto andata a male o il premio di finisher a una maratona dove è arrivato camminando. Vorrei far notare che anche un 80enne riesce a correre la maratona sotto le 4 ore. E ci sono giovani che si vantano di aver finito in 4 ore e mezza. Sacchettari, appunto.

Lo svogliato – A differenza del soft che non fa sport, lo svogliato comprende che lo sport gli porta benefici. Il suo difetto sta nel non comprendere anche che ci vuole una prestazione, un impegno non minimale tarato ovviamente in base all’età. Un esempio è il classico jogger con andatura quasi da passeggio che fa la mezz’oretta al parco. Lo svogliato non capisce che, così, il suo corpo non cambia radicalmente, ma non va oltre perché, equivalentemente al soft che non fa sport, non vuole faticare più di tanto, considerando magari ossessivo e troppo sotto stress (giammai, vade retro lo stress!) chi ce la mette tutta.

Il fobico – È colui che puntualmente esce come un eschimese in inverno, conciato con giaccone (santo cielo, ne ho visti nel mio paese!), berretto, sciarpa. Ha paura di ammalarsi o di svenire quando fa caldo. Puntualmente, però, proprio a causa della sua fobia si ammala, non capendo che, senza arrivare a correre con 40 gradi a mezzogiorno o nudo a -5 gradi, bisogna saper affrontare il clima per fortificarsi. Io esco a correre in maglietta corta a 8 °C e, se non diluvia terribilmente, anche con la pioggia.

L’ossessionato – Se lo svogliato non vuole andare oltre, l’ossessionato va troppo oltre. Si allena fino a spaccarsi le gambe, rischiando l’infortunio. Piegamenti, rafforzamento muscolare, tapis roulant, seduta all’aperto, partita a calcetto o zumba (le donne). L’ossessionato è, appunto, ossessionato dall’attività fisica, ma spesso a livello puramente estetico visto che ho conosciuto tanti ossessionati che non sapevano nemmeno i propri parametri fisiologici. A causa della mole e anche dello stress a cui si sottopone, l’ossessionato, prima o poi, rischia seriamente un infortunio o un esaurimento nervoso. La personalità dell’ossessionato è sicuramente la personalità che ha più probabilità di denotare un vero e proprio disturbo.

Incredibile, vero, come uno sport non sia solo sport ma sia interessante anche per fare queste riflessioni? Non a caso, è un indicatore esistenziale. Io mi auguro che chi si riconosce in almeno una delle descrizioni possa dare una svolta alla sua vita non solo sportiva, ma anche psicologica. Lo sport è un importante strumento per avere un’alta qualità della vita. Affrontare gli avversari è un modo per capire a che livello siamo, avendo la modestia di ammettere chi è più forte e, perché no, di complimentarci con lui. Al superbo apparente andrebbe spiegato che un’autostima che dipende dal risultato con cui irridere gli altri e vantarsi è un’autostima da dementi e di cartapesta. Per quanto riguarda il sacchettaro, io di certo non vorrei fare una maratona, pur di dire che l’ho finita, passeggiando o arrivando strisciando come un verme: non lo troverei dignitoso per me. L’importanza di rimettersi in gioco con una prestazione è correlata al beneficio che ne traiamo in salute. Un soggetto di 30 anni che fa 5 km in mezz’ora è di fatto quasi al livello di un sedentario. Al fobico vorrei dire che la gestione del meteo aiuta ad affrontare le avversità, a non arrendersi a difficoltà che si possono superare. Ci fortifica. Se non impariamo a correre o a uscire per la pedalata quando piove o fa caldo, saremo come i soft che hanno bisogno che tutto fili liscio e, se ciò non avviene, ecco che ci si affossa. L’ossessionato deve invece capire quale aspetto psicologico o emotivo lo porta a una visione malata dello sport e dell’attività fisica.

Tempi impossibili, sopravvalutati e bari nella corsa