La società dei falliti

La mentalità scientifica con cui sono cresciuto mi ha aiutato molto, ma devo anche ammettere che spesso le cose non sono state affatto semplici, anzi. Lo scopo di questo articolo è quello di spiegare che non bisogna sentirsi dei falliti perché si hanno problemi. Molto spesso, chi ha problemi come di droga o alcol viene visto così. Di sicuro, non si può dire che stia facendo del bene a se stesso, ma quello che conta, nella vita, è rialzarsi ogni volta e riprovarci fino a quando si esce dal tunnel, senza colpevolizzarsi, senza pensare di non valere nulla. È qui la differenza con il vero fallito. Non siamo mai spacciati, a meno di non essere già arrivati al punto di non ritorno, finché una voce nella mente ci dice “avanti, provaci di nuovo”. Perché, come dice Rossella O’Hara nel film capolavoro “Via col vento”, sappiamo che “domani è un altro giorno” e possiamo ricominciare. La morte del nostro essere avviene quando non troviamo più la motivazione di rialzarci e riprovarci. La morte sta in coloro che mollano la presa, non vogliono faticare e avere tutto senza fare niente anche se non hanno determinati problemi. Ha molta più vita un povero drogato che continua la sua lotta piuttosto che un uomo ricco, sposato, di successo che si crogiola nel suo status! Ha molta più vita una persona che si sfoga nel cibo per disagi esistenziali, ma qualcosa dentro le dice “devo avere più rispetto per il mio corpo”. Nella nostra società, siamo bombardati da tante voci false che creano in noi degli idoli. Ecco che allora ci sentiamo falliti perché non apparteniamo a un canone di bellezza prestabilito, perché anziché vivere per bar e locali ci divertiamo a mangiare un panino con il partner su una panchina traballante alla cornice della strada dopo una estenuante ma gioiosa giornata a camminare. Così, le voci false ci fanno sentire dei falliti se non abbiamo un lavoro o se non vogliamo figli. Ma il lavoro ci toglie tempo libero, tempo libero che possiamo dedicare proprio ai figli, dunque il lavoro dev’essere esclusivamente un mezzo per guadagnare il pane con cui vivere (naturalmente, se si ama il proprio lavoro, il termine lavoro non ha ragione di essere). Non sono gli sbagli a fare di una persona un fallito. Quello che conta è essere pronti a rialzarsi, capendo dove e come si è sbagliato (senza essere recidivi!). Ho avuto a che fare con l’ultimo soggetto che voleva sminuire ciò ritengo alla base di una ottima vita. Sorvolando i toni offensivi che denotano una personalità violenta, mi rendo conto di come la gente viva con valori del tutto distorti, che non fanno mai assaporare il senso della vita: la semplicità e l’amore. Dove per amore non intendo solamente verso altri esseri umani, ma a livello globale. E quindi scopri che tu non hai nulla per cui sentirti inferiore e per cui sentire di fare una vita, testualmente, “di merda”. Guardi questa persona e la vedi comprare per gratificarsi, intraprendere un’attività spendendo vagonate di soldi e mollare dopo poco. La vedi vantarsi del lavoro, ma passa più tempo con i film pornografici e a perdere tempo in chiacchiere da bar che non hanno alcun fine costruttivo. La vedi strafogarsi di cibo ed essere gravemente sovrappeso, a ubriacarsi ogni volta in cui c’è la classica riunione conviviale perché “semel in anno licet insanire”… o qualcosa del genere! Allora capisci che il suddetto, a nemmeno 30 anni, si è già scavato la fossa. O forse ha inventato un nuovo modo di vivere al massimo dove più ci si masturba con i porno più si vince al jackpot. E come lui, ce ne sono tanti, senza necessariamente essere malridotti a tal punto.

Diciamo che, nel marasma delle difficoltà che ho affrontato, non ho mai perso i valori sani di semplicità e amore, tanto che rimango stupito quando danno del tirchio a un mio caro amico di oltre 10 anni che però ha il “vizietto” del caffè al bar, del ristorante ogni tanto mentre a me nulla di tutto questo serve, non sentendone il bisogno: preferisco mettere da parte quell’euro quotidiano per un viaggio in un posto di mio interesse e da cui posso imparare qualcosa di nuovo e positivo del mondo. Già, è proprio una vita “di merda” la mia, forse perché secondo una mentalità apparente ha senso sacrificarsi e faticare (se mai si faticasse e ci si sacrificasse!) per il lavoro o per la fama inseguendo nient’altro che idoli. La loro autostima dipende da quello che raggiungono. Io fatico per un nulla, si può dire, o per un pugno di mosche, ma questo pugno di mosche per me vale tutto perché dietro c’è l’amore, sentimento sconosciuto a molti. Dicono che sono maniacale nello sport, ma di mio so che in fondo non sono il primo della classe e mai lo sarò, anzi sono proprio una scamorza. Non mi interessa esserlo, non lo ero nemmeno a scuola, eppure diversi insegnanti mi stimavano a tal punto che ricordo il mio professore di lettere in italiano e latino. Ricordo questo professore con piacere. Era severo quando occorreva, ma il suo approcio era paterno. Quando mi dovetti trasferire dove abito ora, nella bergamasca, mi disse che, in classe, avevo qualcosa che nessuno aveva. E c’erano studenti con medie voti decisamente più alte della mia media. Non so dove adesso quel vecchio e caro professore. Le politiche della scuola cambiarono e lui si fece da parte rimanendo praticamente solo per la sua classe, la nostra, prima di andare via, mentre io ero andato via in tempo per non subire gli effetti del cambiamento. Però, i suoi insegnamenti mi sono stati utili e li metto in pratica ancora oggi.

Ho imparato che puoi anche non essere il primo della classe, ma finché in te ci sarà l’amore per quello che fai vivi già da leggenda. Così, non mi interessa se i miei risultati sportivi non saranno mai da olimpionico e nemmeno da campionato dell’oratorio, perché so che, annaspando e arrivando morto al traguardo con un tempo peggiore di quello di una lumaca, sto amando me stesso, mentre chi mi dà del maniacale, forse, sotto sotto invidia la mia capacità di faticare… per un pugno di mosche! Invito tutti coloro che si considerano falliti perché non rispettano i condizionamenti sociali a chiedersi se amano e se vivono con semplicità. Se ciò avviene, nessuno potrà minare la nostra autostima sminuendoci. Anzi, se uno non si scoraggia, vedrà i propri raccolti sulla distanza, in quella che mi piace definire come la maratona della vita. Basta vedere il confronto con i miei compagni del liceo. Loro, così perfetti e già segnati a una vita da bravi ragazzi, che sopravvivono in questo mondo alla meglio che possono, magari con i sacrifici che tutti devono prima o poi fare. Per me invece è già incredibilmente meraviglioso essere libero di correre, senza essere ingabbiato dall’apparenza o da una vita da zombie, cioè di persone che iniziano ogni giorno per arrivare alla fine e cercare disperatamente di raggiungere quegli obiettivi che considerano necessari per la felicità (la carriera, i figli, l’amore di coppia), senza capire che tutto questo ha senso solo quando ci migliora concretamente e non ne siamo dipendenti.

Non so se le mie parole avranno fatto comprendere il senso della vita ai miei esigui lettori. Mi è venuto da scrivere queste parole perché so che, tra loro, ci sono persone con problemi, che nella vita di tutti i giorni, a scuola o al lavoro, nei rapporti sentimentali, si sentono dei falliti perché “diversi”. Allora ho pensato di condividere questo mio pensiero, senza l’aspettativa di venire capito perché certamente un pugno di mosche non vale quanto un buon lavoro, un alto rango sociale, la promozione o la vittoria al campionato del mio cane che non ho. E i veri falliti sono coloro che dipendono da tutto questo per sentirsi realizzati. Per risalire la china, ci vuole una gran voglia di vivere, perché sarebbe un peccato sprecare l’occasione di coltivare ciò che si ama. E lo dico per esperienza, non dall’alto di chi è “arrivato”. Lo dico dopo essere partito anche io, come altri, da ultimo. È come una “voce” interiore, che a un certo punto si fa sempre più forte. Non è rivalsa e non è vendetta, ma una forza che ti spinge a non gettare via la vita perché c’è sempre qualcosa per cui ne vale la pena.

La motivazione dell’amore
Studiare per la vita… come fare?