Il record di Kipchoge… ma la maratona si corre come una 10 km?

Il 16 settembre 2018, Eliud Kipchoge (Kenya) ha realizzato il nuovo record in maratona: 2h01’39”. Non ha solo frantumato il precedente record (1’18” in meno!), ma ci ha anche permesso di comprendere come l’approccio alla maratona sia oggigiorno cambiato. Sono due le caratteristiche che si notano dietro allo straordinario record di Kipchoge:

1) lo split negativo (seconda metà corsa più velocemente della prima);
2) un allenamento dove conta prima di tutto la qualità anziché la quantità.

È il moderno approccio alla maratona, appunto. Un’autentica rivoluzione! Una volta, si diceva di correre correttamente la maratona se le due mezze maratone sono corse in un tempo uguale. In generale, questo dovrebbe essere l’obbiettivo normale per chiunque voglia correre bene una maratona. Ma Kipchoge ha saputo fare di più: ha praticamente corso la maratona come se fosse una 10 km! Sì, avete capito bene. Lo split negativo viene sfruttato spesso dai runner più esperti e con una corretta tattica di gara per la 10 km. Kipchoge l’ha fatto su una maratona! Kipchoge non è l’unico runner a saper sfruttare lo splig negativo in maratona, ma non è nemmeno facile. Non lo è perché esistono atleti professionisti che subiscono il “muro” e rallentano nella seconda mezza, proprio come il più inesperto degli amatori. Vedi Mary Keitany, atleta geneticamente fortissima ma con scarse doti tattiche. Il negative split, in maratona, è utile per evitare di bruciare subito le energie, prevenendo così il tanto temuto muro. È facile sulla carta, difficile nella pratica! Se pensate che stia dicendo una follia a dire che Kipchoge ha corso la maratona di Berlino 2018 come una 10 km, vi faccio presente che è la stessa cosa che Giorgio Rondelli ha fatto notare in un articolo sulla Gazzetta. Gli allenamenti non mentono e sono la prova incontrovertibile. Le ripetute usate da Kipchoge sono sui 1000 m, cioè quelle che anche io indico per chi vuole preparare la 10 km. Solo che Kipchoge fa 15 ripetute, non 6. Con recupero attivo, non da fermo. Sorprendentemente, Kipchoge ha usato anche le ripetute sui 400 m. Anche qui, non 10-15 ripetute, ma 20-25. Ovvio, si dirà: Kipchoge è un professionista geneticamente dotato! Sì, ma resta il fatto che le sue ripetute sono quelle che di solito si usano per preparare la 10 km, non la maratona! Ovviamente, il tempo in maratona sarà inferiore al record sulla 10 km (vedi la calcolatrice di Riegel), ma di fatto le due preparazioni sono equiparate. Anche il discorso sulla qualità è importante. Ovvio che, se uno vuole correre al top, deve sempre inserire una certa quantità. Un amatore, ad esempio, non può preparare la maratona se non corre per un veramente minimo sindacale di 60 km, compreso il lunghissimo. Ma è inutile inserire tanti km, se non si pensa alla qualità! Oltre al fatto che, più aumenta il carico, più aumenta la probabilità di infortunarsi (i professionisti accettano questo rischio perché sono pagati!). La rivoluzione è in atto. Si sta comprendendo sempre di più che, piuttosto che fare chilometraggi fachireschi delle vecchie preparazioni, conta mantenere la qualità. È per questo motivo che, nella moderna interpretazione della maratona, non si parla solo di passaggio alla mezza, ma anche di “blocchi” da 10 km. Il punto è che, per reggere una preparazione di simile qualità, anche se con meno km rispetto alle preparazioni fachiresche del passato, bisogna davvero essere molto dotati. Stiamo parlando della maratona ma, su distanze inferiori come la mezzofondo, vale anche per chi corre per la salute. Anche chi corre per la salute, anziché correre sempre di più (con gli infortuni sempre in agguato), dovrebbe concentrarsi meglio sulla qualità. È proprio questo il principio su cui ho basato il programma del fondo progressivo per il wellrunner.

Quanto detto rivaluta la maratona come distanza eroica, cioè l’impresa impossibile, la prova a cui ogni runner si deve sottoporre per essere considerato tale. Tantissimi amatori la finiscono passeggiando e se ne vantano con chi non sa nulla di running. Se si vuole correre per la salute, la maratona è controindicata e su questo non c’è dubbio. Il punto è che correre la maratona come se fosse una 10 km è estremamente difficile e bisogna essere portati per le lunghe distanze. Non ne faccio un discorso tra amatore e professionista ma, appunto, di un corpo geneticamente adatto alle lunghe distanze. L’ho detto già altre volte:

finire una maratona di per sé è facile (si può passeggiare), il difficile è correrla bene!

Correre bene la maratona vuol dire ALMENO correre in tempi uguali le due mezze maratone, in base al proprio potenziale. Cosa vuol dire quel “almeno”? È lì la chiave. Un altro atleta che ha usato il negative split in maratona è Wilson Kipsang. Kipchoge non ha fatto nulla di particolarmente nuovo, quindi, ma ha dimostrato che questo metodo ti fa fare anche i record mondiali. Il record lo fai se hai la genetica del campione, certo. Con Kipchoge, verosimilmente questo nuovo metodo di correre la maratona si diffonderà, rivalutando completamente la visione della maratona, ma anche delle ultramaratone.

Poi, certo, se vi piace e volete provare l’ebrezza della maratona, ognuno è liberissimo di farlo anche al passo di fondo lento o corsa lenta svelta (+40”/km rispetto al ritmo dei 10 km). Se piace piace, punto e basta, e conta non farsi male (e qui ne possiamo parlare perché non è affatto scontato). Indubbiamente sarà una bellissima esperienza, ma non ci deve vedere nulla di eroico. Dovrà vederla come un ricordo che ha trasmesso tanto e insegnato esistenzialmente, questo sì, ma senza pensare di aver fatto l’impresa del secolo.

Maratona sub 2h… i limiti del corpo umano!

Il record di Kipchoge, che ad ottobre 2019 ha realizzato anche il record della maratona sotto le 2h (non omologabile), mi serve per parlare anche di un’altra cosa a me cara. Spesso, quando sento il medico di turno o chi altro che mi dice che l’uomo è fatto per essere così, l’uomo non è fatto per questo o cosà, rimango perplesso. Nell’articolo sulle lunghe distanze, ho già criticato coloro che si cimentano in imprese con incoscienza o che non lo sono affatto. Metto sempre in guardia dai traumatismi e dagli infortuni. Ma tutto questo non significa che non bisogna provare a mettersi alla prova. L’uomo ha doti eccezionali e, se uno ha la testa sulle spalle, può provare a spingersi oltre. D’altronde, è questo l’approccio che ci ha portati a sbarcare sulla Luna. L’essere umano dovrebbe imparare a credere di più nelle sue potenzialità. Nella società moderna, sempre più sedentaria, siamo così assuefatti dalla sedentarietà stessa che ci siamo scordati quante cose incredibili possiamo compiere. Kipchoge ce lo sta insegnando, con il suo atteggiamento spavaldo ma intelligente e dotato di buon senso. Kipchoge non è mai arrogante. Lui coglie la sfida e ci prova. Non c’entra il fatto che è geneticamente un campione. È una questione mentale. Ognuno di noi, nella vita quotidiana, può raccogliere qualche sfida e, con raziocinio, cercare di vincerla, accettando senza problemi anche di perdere (no alle nevrosi!). Per me, lo sbarco sulla Luna e i record di Kipchoge offrono gli stessi insegnamenti, perché riguardano l’esistenzialità. L’uomo non è fatto per volare, dicevano. Ma poi ha costruito gli aerei. L’uomo non è fatto per andare nello spazio, dicevano. Ma poi ha costruito la ISS. È impossibile correre la maratona sotto le 2h, dicevano. Ma poi Kipchoge ci è riuscito! Sì lo so, ho sempre detto che sconsiglio che lunghe distanze per svariati motivi, ad esempio perché rischiamo di avere il metabolismo da canarini. Ma il concetto di quello che voglio dire ora è che possiamo. Lanciare una sfida fa parte dell’essere umano, quindi non dobbiamo fermarci ai preconcetti!

Qualcuno ribatterà che il sub 2h di Kipchoge al Prater di Vienna non vale perché ha avuto le lepri, gli hanno segnato la traiettoria con il laser, ha avuto le scarpe migliori e sponsorizzate. Insomma, diranno che è troppo facile fare i record così. A mio parere, sono critiche che non reggono. Non sono convinto che Kipchoge abbia veramente corso in condizioni comode e ideali. Ci sono moltissimi runner che avrebbero criticato di correre in quelle condizioni. Ad esempio, il ripetere il tracciato più volte (effetto criceto, detestato da tanti runner), l’umidità elevata del mattino, le lepri intorno che fanno venire l’ansia, l’auto che continua a ficcarsi in mezzo con quel laser puntato sulla strada ecc. Oppure il non sapere fino all’ultimo l’orario della partenza a causa del meteo, cosa che rovinerebbe i piani di organizzazione dei più insicuri. Mi vengono in mente alcuni racconti della maratona di Roma, quando tante persone sono letteralmente andate nel panico per i 18 °C dell’evento (provenendo dalla preparazione invernale). Per non dire di quelli che, con le temperature primaverili di metà ottobre, si coprono già con il passamontagna o quasi (vedi su come correre in inverno). Bando alle ciance, se l’impresa di Kipchoge serve per spingere le persone a credere nelle proprie capacità (senza sopravvalutarsi), per me va sempre bene!