Vere intolleranze e psicosi di massa?

Ho voluto scrivere questo articolo dopo aver letto una cosa agghiacciante. Ovvero, in un forum si parlava di intolleranze come qualcosa di scientificamente assodato e dimostrato. Benissimo, peccato che poi si andava a parlare di intolleranza… alle cipolle! È assurdo che, al giorno d’oggi, si abbiano ancora credenze del genere, in termini di paragone decisamente più gravi rispetto a quando, nel medioevo, la dietologia si basava sugli “umori”, semplicemente perché nella nostra epoca abbiamo gli strumenti scientifci e tecnologici per capirci. Non esistono le intolleranze agli alimenti! Esistono le intolleranze a delle sostanze e, finora, solo 4 sostanze sono scientificamente riconosciute come scatenanti l’intolleranza:

– lattosio;
– glutine;
– fruttosio;
– sorbitolo.

Le intolleranze al lattosio e al glutine sono quelle più famose, ma notare come ci siano anche il fruttosio e il sorbitolo. Sarebbe interessante vedere la reazione di un fruttariano intollerante al sorbitolo, visto che questo zucchero è contenuto in mele, pere, susine, ciliege!

Le intolleranze non vanno assolutamente confuse con le allergie, queste ultime che riguardano il sistema immunitario. Cioè, l’intolleranza riguarda la metabolizzazione della sostanza, mentre nel caso dell’allergia si ha una errata risposta da parte del nostro corpo nei confronti della sostanza. Non a caso, nell’intolleranza il sintomo più comune e noto è la diarrea, mentre nell’allergia si hanno rush cutanei e shock anafilattico. Ad ogni modo, sono convinto che anche il discorso delle allergie sia sovrastimato. Le allergie esistono, come le intolleranze, ma di solito tendono a svanire man mano che si diventa adulti. Quello che poi sfugge è che, spesso, l’intolleranza è dipendente dalla dose. Anche chi soffre di intolleranza al lattosio può in realtà bere latte, ma deve capire fino a che dose facendo qualche esperimento su se stesso, gradualmente, fino a quando vede che incomincia a stare male: quella sarà la sua dose limite!

Diagnosi di intolleranza

Per stabilire una intolleranza, si usano dei test specifici, ma sono da evitare quelli che classicamente vanno di moda e si effettuano ad esempio al centro commerciale sotto casa. I test non convenzionali, che non sono validi per diagnosticare una intolleranza, sono il Vega, il DRIA e il citotest. Vediamo perché questi test non sono validi.

Vega test
Il Vega test si basa sul principio di misurare quanta corrente passa attraverso il corpo umano. La corrente che passa è bassa. Chi effettua il test va poi a leggere il dato, che va da 0 a 100. In base al valore riscontrato, si stabilisce se il soggetto è intollerante o meno all’alimento. L’apparente complessità del meccanismo non inganni. Si tratta di un rimedio paragonabile a quello usato dal Dr. Frankenstein per animare il mostro, e infatti in nessuna sperimentazione scientifica normale questo test è stato promosso.

DRIA test
Altro rimedio da stregoni. In questo test, viene messo un alimento a contatto del soggetto e, attraverso procedimenti tanto astrusi quanto ridicoli, si va a valutare il decadimento della forza muscolare dovuto al contatto con l’alimento. Ma ve lo devo proprio dire che è una cazzata colossale?

Citotest
In questo test, si mette a contatto l’alimento con il sangue, verificando poi il suo stato di alterazione in seguito al contatto. In particolare, si valuta in che modo si gonfiano i granulociti, cioè cellule coinvolte nella risposta all’infiammazione. La ripetibilità di questo test è molto bassa. A questo punto, perché non andiamo a cercare l’acqua nel deserto con un pezzo di legno?

Il metodo per iniziare a capire se si ha una intolleranza è andare per esclusione nella dieta. Questo si riesce a fare seguendo una alimentazione basata sui cosiddetti “alimenti base”, che sono i seguenti:

– riso, fiocchi d’avena, gallette di riso;
– carne (non quella bovina)
– pesce (no crostacei);
– frutta e verdura.

Soia, legumi, pomodori, melanzane, peperoni, patate, agrumi vengono esclusi da questa dieta base, che dev’essere perseguita nell’arco di 10-15 giorni. Vorrei poi far notare che, se si sospetta di essere intolleranti, bisogna considerare che è impossibile che ci sia qualcosa nel melone se non si mangia mai il melone. Al termine dei 10-15 giorni, si valuta la situazione e ci sono due alternative:

– non è cambiato nulla e quindi bisogna considerare altro;
– la situazione è nettamente migliorata.

Non valgono miglioramenti parziali. Il problema, pian piano, deve subire un drastico miglioramento, una differenza di condizione che permetta di dire “ora sto proprio bene!” A questo punto, però, non è finita. Si devono pian piano reintrodurre tutti gli altri alimenti e, valutando cosa viene reintrodotto, si verifica con che alimento si torna a stare male. Se reintroducendo quell’alimento si torna a stare male, evidentemente in quell’alimento c’è qualcosa. Ma, ripeto, che sia allergia o intolleranza, occorre verificare quale sia la dose per cui fa male. È infatti rarissimo avere l’intolleranza congenita al latte, cioè arrivare a stare male anche con 1 grammo di latte!

Lo stile di vita

A vedere la popolazione, secondo il mercato delle intolleranze (ricordiamo che i vari test costano) e degli alternativi metà della popolazione soffrirebbe di intolleranza. Ma non è così, raggruppando tutte le forme di intolleranza siamo probabilmente a non più del 5%, comunque tanto ma non da giustificare il vero e proprio terrorismo che se ne fa. Prima di parlare di intolleranza, bisogna riflettere sullo stile di vita. Quasi sempre scopro che chi millanta una intolleranza segue uno stile di vita cattivo, e quindi ovviamente il suo corpo è così scarso che sta male quando mangia! Ma non sta male per quello che mangia. Sta male perché:

– è sovrappeso;
– non fa sport;
– è ansioso o stressato o depresso.

Fate sport? Siete normopeso, con IMC non oltre 22 per gli uomini e non oltre 20 per le donne? Lavorate magari come dei muli per 10 ore e siete nervosi e stressati a causa di questo? Beh, se prima di tutto non seguite uno stile di vita corretto, inutile pensare di avere qualche intolleranza. Emblematico il caso di una mia vecchia amica, che non beveva latte vaccino perché diceva di non digerirlo. Sì, peccato che non avesse una mente equilibrata, decantasse una vita senza sport e fosse sovrappeso. Ci credo che poi non digerisce il latte vaccino! Ma il problema non è il latte vaccino, il problema è TUTTO! A mio avviso, il fenomeno delle intolleranze è ormai una specie di psicosi di massa, un condizionamento psicologico. Anziché puntare il dito contro il cattivo stile di vita, lo si punta contro uno specifico alimento. Il soggetto facilmente manipolabile, in buona o cattiva fede, ci crede, mentalmente si predispone, ed elimina quell’alimento. Poi nota che “va meglio” e si convince che il problema era il latte vaccino o la pasta con glutine. E con il passaparola, la psicosi finisce per diffondersi. Ah beh…