Eroi o masochisti?

Osservando la società e le persone, noto spesso una caratteristica: lo stoico immolarsi, il sacrificarsi a tutti i costi, al proprio idolo. Per quanto riguarda il discorso sugli idoli, ho già scritto l’articolo “La ciotola di cibo“. In breve, l’idolo è ciò che ci fa sopravvivere, ma non vivere, tenendoci legati a una catena: non c’è libertà! L’argomento è però così comune che mi ha spinto a spendere qualche parola in più. E la Pasqua è stata una scusa giusta, perché esce fuori bene questo comportamento masochistico delle persone nei confronti di tradizioni e condizionamenti che non vengono posti ad alcuna critica, ma che si subiscono e accettano anche se oggettivamente rovinano la qualità della vita. Mettiamola così. Cosa pensereste di chi va da un bullo e chiede di essere picchiato? Cosa pensereste di una donna che viene stuprata e, volontariamente, decide di stare nella stessa stanza da sola sapendo che verrà ancora stuprata? Definireste questi soggetti come degli eroi? Direi proprio di no. Eppure, nella nostra società, ci sono tante situazioni di puro masochismo ma che vengono spacciate per eroismo:

– quello che si ammazza di lavoro per 12 ore al giorno e poi bada ai figli come può e non ha tempo per altro;
– il ritrovo delle festività comandate, ben sapendo che si troveranno familiari con cui non si ha nulla da spartire o si litiga;
– il partner che disperatamente cerchiamo di cambiare, o che speriamo cambi, rinunciando al nostro io.

Solo un ingenuo può credere che tutto questo sia eroico! Ah sì, poi c’è il solito mantra del “ognuno è fatto a sé, le situazioni vanno valutate, non esiste una soluzione in assoluto e non si deve giudicare”. Ah beh, allora torniamo all’esempio del bullo e dello stupro. Chi direbbe che quel tipo di comportamento è eroico? Non sono paragoni assurdi, anzi, proprio perché sono esempi limite funzionano. Se il ragionamento fatto per gli idoli è giusto, allora si dovrebbe accettare che una donna voglia farsi violentare dal suo stupratore che l’ha già stuprata e che uno si faccia volutamente picchiare da un bullo! Riconoscere l’assurdità di questo comportamento, di fatto, ammette l’assurdità di chi, masochisticamente, si sacrifica per i suoi idoli, perdendo la qualità della sua vita.

Valutate criticamente quello che fate nella vita. Non date per scontato che non si possa avere di meglio, che sia necessario fare sacrifici. Imparare a vivere meglio significa capire come prevenire i quotidiani problemi che, troppo spesso e superficialmente, accettiamo come fardello, neanche fossimo Gesù Cristo che porta la croce. Problemi e difficoltà che riteniamo come inevitabili, ignorando che chi vive felice ha trovato la via per eliminare questi problemi e queste difficoltà e non di certo per benedizione divina. In amore non ci sono sacrifici e c’è completa libertà. Il legame di sangue è relativo, e un amico che si comporta come mio fratello diventa automaticamente mio fratello, rispetto a un genitore che mi denigra o svaluta. Ed è meglio lavorare meno ore al giorno, con una vita più semplice ma senza affossarsi cercando di arrivare vivi alla pensione. Si potrebbero fare molti altri esempi, ma di base a me viene sempre da chiedere: “Ma chi te lo fa fare?” Probabilmente, per molti avere degli oneri nella vita è un modo per sentire di essere vivi, di avere uno scopo, ed è per questo che, essendo incapaci di ottenere il meglio dalla vita, si spaccia per eroe chi è solo uno stupido. A mio avviso, un comportamento del genere è un’incapacità di avere dei veri oggetti d’amore. Ci si basa su dogmi che non hanno senso. La differenza tra un onere e un oggetto d’amore è che un onere ci penalizza nella qualità della vita, non ci rende felici e liberi, mentre faticare per coltivare ciò che amiamo e ci migliora è un onore!

“Siamo tutti diversi”, l’alibi del perdente
Una vita in catene