I bisogni di un figlio e come educarlo

Ho letto un articolo di Andrea Tibaldi (cibo360.it) che ritengo molto valido sulla trattazione del cibo alla scuola elementare. Condivido qui sul sito la parte finale dell’articolo perché ci aiuta a capire come possiamo prevenire che i bambini, una volta cresciuti (dall’età adolescenziale in poi, diciamo), sviluppino una serie di problemi che possono rivelarsi anche molto gravi. L’educazione, in sostanza, non dev’essere solo trasmessa, ma anche rafforzata nel momento in cui il bambino si ritrova nell’ambiente sociale esterno alla sua famiglia (leggasi: la scuola, le compagnie). Purtroppo, molti genitori finiscono per limitare l’educazione dei propri figli solo ai primi anni di vita, salvo poi parcheggiarli dai nonni o a scuola senza che venga insegnato come avere autonomia e stabilità emotiva. Questo “vademecum” non dice ovviamente tutto su come educare un figlio, ma è un buon punto di partenza a cui sono sicuro pochissimi arrivano. Buona lettura.

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Cosa sapere

A contatto con i coetanei, con nuove conoscenze intellettuali ed interpersonali, il bambino sperimenta nuovi gusti, giochi, abilità. Gli adulti, specialmente i genitori, sono i modelli di riferimento, gli “specchi” rispetto ai quali il fanciullo scopre differenze e somiglianze che lo riguardano.

Durante questa fase si organizzano i processi di identificazione e differenziazione su cui si basa la costruzione dell’immagine di sé e in cui si attendono e verificano le proprie modalità di attaccamento ed emancipazione dalle figure significative, è la fase in cui possiamo notare le prime espressioni del carattere.

Si comincia a delineare un senso di sé strutturato e stabile.

Lo sviluppo cognitivo da ora e fino all’adolescenza è caratterizzato proprio dalle forme che assume il senso di sé del bambino e questo va sempre correlato con il senso degli altri che il bambino ha.

La fanciullezza rappresenta comunque un periodo di grande vulnerabilità in quanto i genitori hanno la possibilità di ridefinire completamente le emozioni del bambino, anticipandogliele e/o facendogliele provare a comando, tanto che il bambino finisce poi con l’avere un senso di sé ricavabile esclusivamente dagli altri – come accade in particolare proprio ai bambini che presentano disturbi della alimentazione.

Questa confusione tra i propri stati interni (scambiati infatti spesso per fame dai bambini obesi o per inappetenza da quelli sottopeso o anoressici) e i desideri o le aspettative degli altri può addirittura finire con il coinvolgere l’identità di ruolo, che tende a stabilizzarsi proprio intorno ai 5-6 anni.

Cosa fare

Bisogna assicurarsi della condizione dei vissuti tra genitori e figli, evitare di incorrere nella situazione ad alto rischio per il quale a genitori che giudicano i figli come “perfetti ed educati” corrispondono i figli con una percezione di sé di infelicità ed isolamento. È a questa età che, per tali motivi, possono comparire i primi disturbi della alimentazione e le incessanti attenzioni delle madri alla dieta.

Il bambino va aiutato a decifrare con chiarezza cosa va bene e cosa no, cosa è accettato/accettabile e cosa no, ad esprimere – fornendogliene un modello appropriato – le sue emozioni e senza che tema per questo la critica, gli va insegnato che sbagliando si impara e che non è obbligatorio essere perfetti.

Così il bambino acquisterà una maggiore stabilità emotiva e la capacità di cogliere il punto di vista altrui aumentando le sue abilità relazionali oltre alla sua autonomia.

Il genitore dello stesso sesso viene sempre più assunto a modello e sarà bene che ne sia consapevole e regoli di conseguenza il suo comportamento verso il figlio, mentre il genitore di sesso opposto da figura protettiva che era diventa sempre più il banco di prova della propria accettabilità sessuale prima del debutto adolescenziale.

Cosa non fare

Una particolare attenzione va fatta a non chiedere al bambino di provare una emozione piuttosto che un’altra (“stai tranquillo”, “non essere nervoso” ecc.) ma aiutarlo a decifrare da solo quello che prova.

Così è opportuno evitare di dedicare una eccessiva attenzione ai risultati delle sue prestazioni e soprattutto alle apparenze ed alle sue caratteristiche esteriori: con la sua modalità concreta di pensare il bambino comincerà altrimenti a credere di valere qualcosa solo se esprime una forma fisica adeguata o se ha prestazioni eccezionali e per questo sarà così in ansia da commettere più facilmente errori, anche alimentari.

Se il bambino impara a preoccuparsi troppo di essere ben accettato dall’esterno, non riuscirà a dedicare adeguata attenzione ai propri stati interni, ai suoi gusti, alle sue emozioni e di conseguenza gli risulterà particolarmente difficile raggiungere gli adeguati livelli di autonomia e di tutte quelle abilità di confronto e impegno con gli altri che possono dare quella sicurezza di sé utile al suo corretto sviluppo psicofisico.

Al genitore di sesso opposto la raccomandazione di essere qualitativamente presente per evitare che nel figlio si sviluppi una personalità da abbandonato, i cui tratti sono spesso presenti nei soggetti in sovrappeso.

La sculacciata

Davvero è desolante come molti genitori siano contro la violenza sui bambini ma tentino di inventarsene di ogni tipo per giustificare che la sculacciata è giusta, anche se “non sempre, quando ci vuole”. Per questo motivo, riporto due trafiletti da corriere.it basati su due studi diversi ma con medesime conclusioni. Il primo trafiletto è del 16 settembre 2009, il secondo del 24 ottobre 2013.

Sculacciare i bambini piccoli li rende più aggressivi quando cresceranno e ritarda il loro sviluppo mentale. Lo indica una studio condotto da un gruppo di ricercatori della Duke University, della University of Missouri-Columbia, la University of South Carolina, della Columbia University, della Harvard University e della University of North Carolina. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista «Child Development».

LO STUDIO – Lo studio ha coinvolto bambini di età compresa tra i 5 e i 16 anni. Dai risultati è emerso che i bambini che hanno ricevuto sculacciate come punizione hanno avuto un rischio triplicato di mostrare comportamenti anti-sociali rispetto ai bambini non castigati fisicamente. Non solo i bambini sculacciati hanno ottenuto risultati meno positivi ai test di misurazione delle loro capacità cognitive.[…]

 

[…]EFFETTI DEVASTANTI – Alcuni studiosi della Columbia university di New York hanno analizzato 1.900 bambini nati in 20 diverse città degli Stati Uniti tra il 1998 e il 2000, prendendo in esame l’eventualità che i piccoli fossero stati sculacciati a 3 e 5 anni, e nel caso quanto spesso. Lo studio, pubblicato sulla rivista Pediatrics, parla chiaro, dati alla mano: il 57% delle mamme e il 40% dei papà presi in esame ha sculacciato i propri figli a tre anni di età: quando i bambini hanno raggiunto i 5 anni la percentuale è scesa al 52% per le mamme e al 33% dei papà. I bambini sculacciati a 5 anni hanno successivamente evidenziato – in particolare negli anni della scuola elementare – comportamenti più aggressivi della norma, un vocabolario ridotto e capacità verbali inferiori alla media. Gli effetti più negativi sono stati individuati nei piccoli che erano stati sculacciati in media due volte a settimana dalle madri.[…]

Quindi? Quindi è esattamente quello che vado propagandando da sempre. Non si tratta solo di essere più aggressivi della norma, ma anche di avere ridotte capacità verbali e cognitive. In pratica, le sculacciate fanno diventare stupidi. Ciò è comprensibile perché un bambino, per diventare adulto autonomo, felice e capace di amare, che sa comprendere il mondo per prevenire i problemi che può, dev’essere educato attraverso il dialogo. Se un genitore deve arrivare anche solo a sculacciare suo figlio, la colpa non è del figlio che sbaglia ma del genitore che è incapace di far valere il suo punto di vista con raziocinio. D’altronde, considerando le scarse facoltà logico-razionali della maggior parte delle persone, nemmeno mi stupisco dei risultati delle due ricerche. Non sculacciate i vostri figli, ma dialogate con loro e spiegate come e perché hanno sbagliato. Non c’è alcuna argomentazione logico-razionale per cui si debba ricorrere alla sculacciata. Ma basta semplicemente il buon senso per capirlo, non serve essere Stephen Hawking o Richard Dawkins. Se non siete capaci di dialogare razionalmente, forse avreste dovuto pensarci meglio prima di fare un figlio. Da notare come chi sostiene che sculacciare sia un modo per educare non abbia studi a suo favore dove i bambini sculacciati sono meno aggressivi e più intelligenti della media, mentre ne esistono tanti che dicono il contrario.

Alla resa dei conti, il termine “sculacciata” non è altro se non un metodo alternativo per identificare una punizione corporale, minore delle classiche botte da Telefono Azzurro ma pur sempre un atto di violenza perpetuato da chi non sa gestire un discorso razionalmente. Insomma, chi sculaccia è senza dubbio un fallito come genitore. Chi ama (e i figli vanno fatti per amarli) è calmo e paziente, conosce e dialoga, non si fa deviare dallo stress e dal nervosismo. Non credete che i bambini non vi capiscano perché hanno 3 anni. I bambini capiscono più di quello che si crede e hanno un potenziale di apprendimento maggiore di quello degli adulti (provate a imparare una lingua a 4 anni e poi a 30 anni, a 30 anni avete più difficoltà!).

Se dovete usare la sculacciata o la violenza in genere per imporvi, siete solo dei poveracci che non sanno esporre le proprie idee in modo razionale e con le parole di cui madre natura ci ha dotati. Siete solo uno spreco di umanità, dei falliti esistenziali che se la prendono con i più deboli.

Le cattive compagnie

Molti genitori si interrogano, preoccupati, su come evitare che il proprio figlio incappi in amicizie sbagliate. È incredibile, spesso ci si preoccupa come allontanare il figlio da cattive ingerenze, ma si fa poco per essere vicini al figlio. Tanti genitori credono che crescere un figlio voglia solo dire fornire tetto, cibo, istruzione. Altri hanno una visione limitata che separa il ruolo di genitore da quello di amico. Sono tutti errori! 60 anni fa, la maggior preoccupazione era dedicata alla sopravvivenza e quindi si tendeva a trascurare l’aspetto emotivo di un figlio. Oggigiorno, questo approcio è del tutto fallimentare, perché il tempo libero viene interpretato in modo sbagliato. Pertanto è necessario che il genitore sappia ANCHE essere un amico. Solo così riuscirà a guadagnare la leadership e l’autostima del figlio. Solo così riuscirà ad essere un eroe per lui (o lei, si intende, chiaro!). Se sapete fare questo, vostro figlio avrà molta meno probabilità di finire in giri sbagliati e vi rispetterà automaticamente, fidandosi di voi. È però ovvio che, per fare questo, il genitore in primis dev’essere equilibrato! E se anche non lo fosse, almeno deve mostrare impegno nel migliorare. Non a caso, nell’articolo “La società dei falliti“, spiego che lo spacciato non è il drogato che cerca di risalire la china, ma chi non ha alcuna predisposizione a cambiare e migliorare! Questo aspetto è importante, perché poi è ovvio che succedano cose come quelle che ho scritto in “So ragazzi… dementi!” Imparate non solo a fare i genitori, ma anche a essere amici dei vostri figli. Coinvolgetevi, anziché limitarvi al solito “com’è andata a scuola?”. Imparate a sapere quale band musicale gli piace, quale film lo appassiona, quale sport vuole davvero praticare anziché quello che voi vorreste che praticasse. Solo così potrete tenere vostro figlio alla larga da quei tanti ragazzi che oggigiorno “infestano” (a causa di una cattiva educazione) la nostra società. Certo, il rischio c’è sempre, il sociopatico di turno che ammazza vostro figlio può sempre capitare. Ma un genitore che non trasmette dei buoni insegnamenti a suo figlio è un pessimo genitore, ancor prima che arrivino le cattive compagnie. Non è solo dalla classica famiglia violenta e disfunzionale che possono esserci problemi emotivi o comportamentali nei figli. Spesso questo tipo di problematiche avviene in famiglie del tutto normali, che però hanno trascurato tutto ciò che riguarda il saper vivere. Tantissimi genitori credono di aver fatto tutto al meglio e non sanno spiegare i perché di un comportamento del figlio. Poi, però, la lacuna si trova sempre. Non siate così arroganti!

La malattia di essere giudici della società
La vera autostima non dipende dall’esterno