La crisi dell’edilizia e delle “grandi opere” per salvarci!

Seppur con ritardo rispetto ai paesi più moderni (vedi Germania e Danimarca), in Italia l’ambientalismo ha iniziato a muovere i primi passi dagli anni ’90. Mi ricordo quando ero alle elementari (sono classe ’86) e ci portarono in visita a una discarica per farci vedere come funzionava lo smaltimento dei rifiuti. A scuola, tennero anche delle lezioni sulla raccolta differenziata (*), che proprio in quegli anni stava per diventare una legge definitiva. È superfluo dire che tutto ciò sia stato interessante e costruttivo, visto che l’Italia doveva tenere il passo con la modernità e non si poteva più continuare ad ammassare i rifiuti in discarica. Oggigiorno, si parla di lampade a basso consumo, di non tenere le luci accese se non necessarie, di staccare le prese non utilizzate. Lodevole, nulla da dire. Ma mentre si lotta per salvare la specie protetta dell’Amazzonia, non ho potuto fare a meno di guardarmi intorno e notare che, in realtà, per l’ambiente è stato fatto ancora ben poco. La riflessione mi è venuta notando che il Belgio ha una densità di popolazione di quasi il doppio dell’Italia. Eppure, il Belgio è ambientalmente più avanti dell’Italia secondo i dati ufficiali dell’OCSE. Perché? Perché in Belgio sono accentrati in città e, intorno, i boschi sono liberi di sopravvivere (a proposito, si veda l’articolo sulle città green). In Italia, si fa esattamente il contrario. Tutti vogliono costruire dovunque e in ogni angolo possibile. Senza andare a vedere cosa accade in Abruzzo, anche tra le montagne di Bergamo ci sono dei grossi buchi cementificati perché il riccone di turno vuole farsi la casetta che poi lascia a marcire per 9 mesi all’anno. E suvvia, anche chi riccone non è, vuol farmi credere che non desidera la super mega villa dei sogni? E così, per un imprenditore che vuole aprire un nuovo centro commerciale, un sindaco che vuole costruire una nuova strada per risparmiare 5 minuti di traffico, un riccone che si vuole fare la villa al mare e la casetta in montagna, ecco che il paesaggio naturalistico scompare. Ah, giusto, per ogni pezzo di verde che viene distrutto, creiamo dei parchi che ci illudano di essere sempre circondati dalla natura (vedi “Cappa di smog, c’era una volta la natura…“). Chi guadagna da tutto questo? Di certo non il popolo. Al massimo, ci guadagna l’imprenditore edile di turno, che tanto non deve rendere conto ai posteri che la “vera” natura potranno forse ricordarla solo attraverso i loro nonni. Questa smania di costruire sempre e dappertutto è, scusate il gioco di parole, dovunque. Il discorso delle strade riguarda sempre il cemento ma, poiché è un serissimo problema, ho scritto un articolo a parte. E scoprirete che non è vero che una nuova strada fa risparmiare tempo!

* Le cose non sono più come 20 anni fa. Riciclare è sempre meno economico. È per questo che i roghi ai rifiuti sono diventati un problema, la nuova frontiera (per così dire) della mafia. Sono le società di riciclaggio stesse ad appiccare gli incendi. Non guadagnano più come prima. Allora cosa fanno? Riciclano solo una parte dei rifiuti. Il resto viene dato alle fiamme in qualche cantiere abbandonato. Tutto ciò nasce dalla crescente popolazione. Più c’è gente e più aumenta l’energia consumata, quindi anche gli sprechi. Riciclare diventa più costoso e alimenta la mafia con gli incendi ai rifiuti. Ma il problema non è riciclare, bensì l’aumento eccessivo della popolazione. E questo problema non si risolve tornando agli inceneritori come vogliono fare alcuni politici stile Salvini.

Da appassionato di calcio, ogni tanto dò un’occhiata ai commenti sui siti sportivi ed è incredibile come nessuno si accorga che costruire uno stadio ex novo, in una nuova zona, comporta altro verde che scompare. L’esempio positivo è partito dalla Juventus, che ha abbattuto il vecchio e obsoleto Delle Alpi per costruire lo Juventus Stadium (*), “sacrificandosi” per qualche anno a giocare in un altro stadio (l’Olimpico, dov’è rimasto il Torino). Tutti gli altri si impelagano a cercare un terreno dove costruire, chi a Portello (vedi il Milan) e chi in cima al Monte Paradiso… e si lamentano pure se non viene dato il permesso! Non sono tifoso della Juventus, anzi, tutt’altro, e pur da appassionato di calcio non posso non far notare che il paese non deve stare ai servizi e alla dipendenza di un gioco: sarebbe come voler obbligare tutti ad ascoltare la musica metal perché a me piace. Certo, si può dire che abitare in una grande e incasinata città piuttosto che nel paese tranquillo di campagna non sia il massimo…

* Qualcuno ribatterà che lo stadio della Juventus è piccolo perché ci sono più tifosi nel resto d’Italia che a Torino. Si ribatterà che la società Juventus crea disuguaglianza, promuovendo interessi economici d’élite (vedi le polemiche sulla cosiddetta Super Champions). Tutto verissimo, ma sono discorsi che ora non c’entrano.

L’edilizia e le opere pubbliche sono tra i maggiori sprechi del nostro paese. Ci sono politici della vecchia scuola (vedi il PD) che ci fanno una testa così sul debito pubblico che noi cittadini dobbiamo ripagare con sacrifici. Ma i debiti pubblici sono causati anche (ma non solo!) da questa estrema corruzione sull’edilizia e sulle opere pubbliche. Secondo alcune stime, il progetto Mose per salvare Venezia dall’acqua alta avrebbe potuto costare il 40% in meno, e invece noi cittadini dobbiamo pagare per aggiustarne la cattiva costruzione per chissà quanti anni! E che dire del ponte sullo stretto di Messina? Gran parte dei messinesi vive in baraccopoli come nelle favelas brasiliane o nelle città ad alta densità dell’India e questi pensano al ponte sullo stretto!

Ovviamente, ai politici e alla gente di oggi non importa di annientare la natura selvaggia, perché le conseguenze saranno subite tra 50 o 150 anni. Così come i nostri genitori o nonni se ne sono fregati del surriscaldamento globale. Altri si preoccupano dell’ambiente, ma in modo superficiale. Personalmente, condannando i gesti di violenza, sono d’accordo con i No TAV. I media riportano il conflitto tra chi è contro e chi la vuole costruire, ma nessuno ha spiegato che il No alla TAV non è una negazione del progresso. Il no si riferisce ad evitare di consumare un enorme pezzo di territorio che andrà perduto per sempre. Forse collegherà meglio l’Italia e la Francia, ma aumenta l’inquinamento e c’è meno benessere inteso come salute. In realtà, sono stati fatti degli studi e si è evidenziato che la linea della TAV verso la Francia è stata sovrastimata, che il traffico è molto minore di quello che i favorevoli sostengono. Chi è interessato alla TAV, o ad altre opere simili, è una minoranza formata da persone con interessi personali, soprattutto economici, ma a danno dell’ambiente. Non ve ne importa? E allora anche voi siete come chi, decenni fa, non si è preoccupato del clima! Votate sempre un politico che abbia un interesse vero per l’ambiente. I politici che promuovono le “grandi opere” non hanno a cuore il benessere della comunità, ma vogliono solo foraggiare la ricchezza di pochi. Anche perché comunque, a me in tasca concretamente, non ne viene proprio un bel nulla (i paroloni sull’immagine del paese servono per ingannare i tonti, come fu per gli stadi di Italia ’90). Oppure si fanno le grandi opere, ma se ne fa una e la si fa bene, funzionale.

La cosa esilarante è che, quando si tratta di cantieri, il desiderio di profitto è così forte che riesce a far alleare due forze politiche opposte. Mi riferisco a Forza e al PD che, per sfiduciare Toninelli, a marzo del 2019 hanno realizzato un’alleanza più unica che rara. Toninelli non sarà una cima in competenza, ma vedete come, se si tratta di fare profitto danneggiando l’ambiente, non ci sia distinzione tra sinistra e destra classiche?

Costruire sul costruito: stop al decentramento

L’unica soluzione è questa, se si vuole fare il bene dell’ambiente. Poiché, a ritroso, si sono già fatti diversi danni, occorre rivalutare tutti quegli edifici che sono stati abbandonati, magari a causa dei soliti giri mafiosi che, una volta costruito, hanno lasciato tutto abbandonato a prendere la muffa. Rivalutiamo tutti questi edifici, tutti questi spazi. Costa rivalutare uno spazio dismesso? E perché, costruire su un terreno che poi rivela svariate problematiche come alluvioni, allagamenti ecc non costa, successivamente alla costruzione, ancora più soldi della costruzione stessa? Quanto costa rifare una città colpita da un terremoto, su un territorio, quindi, sismico dove è saggio non costruire affatto? Quindi, bando alle ciance e diciamo le cose come stanno per davvero: stop all’espansione dei confini dell’edilizia e iniziamo a recuperare le zone dismesse! Riprendendo l’esempio calcistico, il comune di Torino non ha agevolato la costruzione dello Juventus Stadium per raccomandazione, ma perché veniva decisamente comodo a ciascuna parte buttare giù il Delle Alpi per rifare da capo un altro stadio. Sì, è vero, il Delle Alpi era storia del calcio, ma ci sono interessi che superano questa storicità: il guadagno, per la Juventus (e per il comune) è stato molto maggiore.Juventus Stadium Chi non è convinto che bisogna smettere di decentrarsi, provi a pensare che decentrare è un costo. In qualche modo, quel cucuzzulo sul monte dovrà pur essere raggiunto, no? E come lo si raggiunge? Con il teletrasporto? No, ovvio, servono dei trasporti e i trasporti… costano! Perché non vogliamo mica lasciare quei poveri quattro gatti isolati, no. Per loro, bisogna poi costruire dei supermercati, portare turismo: costi su costi su costi, in un circolo vizioso che non finisce più. Se la popolazione è notevole (gli scandinavi, complice anche il clima, si sono ben tutelati), non resta che fare come i belgi, e cioè accentrarsi nelle grandi città: la regione Bruxelles-Capitale (una specie di area metropolitana di Bruxelles grande poco meno di Milano e Verona) conta oltre 1 mln di abitanti, pari al 10% della popolazione belga, mentre l’area metropolitana di Milano ne conta 3.2 mln, pari ad appena il 5% della popolazione italiana. Non si vuole vivere ammassati in città? Allora facciamo meno figli, visto che si parla a non finire della scarsità di risorse, di insostenibilità del petrolio e dell’allevamento. No, macché, ogni famiglia cristiana che si rispetti deve avere almeno due pargoli, che giustamente cresceranno con problemi esistenziali perché non riceveranno la corretta educazione per vivere felici. Che senso ha lottare per i diritti dell’Amazzonia e pensare a non consumare elettricità in bolletta se poi ognuno distrugge intorno a sé con gli interessi? Si potrebbe dire: occhio non vede, cuore non duole. E la natura, intanto, se ne va, perché paesaggi come quello del Lake District, in cui ho avuto il piacere di fare escursionismo e dove le abitazioni sono limitate allo stretto necessario per questa attività, diventano sempre più rare a favore del Dio cemento.

Anche l’Atalanta Bergamasca Calcio (Atalanta B.C.) segue la scelta della Juventus, in chiave più ridimensionata per ovvi motivi. Qualcuno può obiettare che è facile quando il comune ti regala o svende lo stadio. Ma anziché provare invidia, si chiedano perché i loro comuni non si accordano allo stesso modo, dando per scontato che si debba per forza spendere centinaia di milioni per costruire ex novo uno stadio su un territorio che verrà perduto per sempre. La riqualificazione edilizia è la soluzione migliore, rispetto al distruggere ogni volta nuove aree e altri boschi.

L’allarme sul consumo di suolo non è una cosa mia perché voglio fare l’ambientalista. I geologi professionisti come Mario Tozzi conoscono benissimo i rischi ambientali e i rischi ambientali legati al consumo di suolo. L’Italia è un territorio sismico o a rischio idrogeologico e di frane. Giustamente, Tozzi ci dice che non solo dobbiamo smetterla di consumare il suolo, ma anche adattarci e sapere che possono esserci danni. E sempre giustamente, sostiene che non si può pensare di costruire muri sempre più alti per difendersi dall’acqua, perché altrimenti si penalizza anche il paesaggio (si vuole attirare il turismo, ma poi pur di costruire a tutti i costi si fanno muri alti per difendersi, rovinando il paesaggio: un paradosso!). Purtroppo, anche a causa di una cattiva etica ambientale dei cittadini, la nostra classe politica non si interessa di questa prevenzione. Mi viene in mente il centro commerciale che c’è qui a Curno (provincia di Bergamo), cioè un grosso complesso di 50 negozi tutto su un piano. Ma lo scempio più grande è il mega parcheggio esterno, in cui si finisce per perdersi. Il centro commerciale di Curno è uno dei tanti esempi di scempio edilizio del nostro paese. E non si può più permettere che tutto ciò avvenga.

Preservare il verde per vivere a lungo

La corsa all’edilizia è un retaggio del dopoguerra, quando c’era la necessità di ricostruire. Ma quel tempo è ormai passato e abbiamo finito per costruire troppo o abusivamente. Con i limiti all’edilizia, io difendo l’ambiente, ma non lo faccio perché mi gira e voglio fare il verde alternativo. Difendere l’ambiente vuol dire avere a cuore se stessi e la propria salute. Avere a cuore se stessi e la propria salute vuol dire, ad esempio, fare sport. Ma se diventiamo matti nella corsa all’edilizia, ecco che la natura viene sradicata e ciò vuol dire che ci sono sempre meno percorsi per correre o andare in bicicletta. Se era sensato ricostruire nel dopoguerra, oggigiorno non c’è più bisogno di ricostruire ma, anzi, c’è bisogno di preservare il verde per la nostra salute. Se non ci sono più spazi per fare sport, non guadagniamo più quegli anni di vita che ci fanno potenzialmente essere dei centenari. Non si contrasta la corsa all’edilizia perché si è dei pacifisti che difendono l’albero dell’Amazzonia, bensì perché difendere l’ambiente vuol dire fare gli interessi del proprio benessere e della propria salute.

Anche una puntata di Super Quark del 2018, parlando di inquinamento del mare, esprime il mio medesimo concetto: noi pensiamo di gettare tutto in mare e sbarazzarcene, ma ci torna tutto indietro! Nella puntata di Super Quark, questo “tornare indietro” è stato evidenziato con uno studio statistico sui surfisti che hanno più problemi intestinali della popolazione normale. I maggiori problemi intestinali derivano proprio dall’inquinamento del mare! Ovviamente, se il mare fosse pulito, i surfisti sarebbero sanissimi (a meno che non siano già malati). Per la natura, è la stessa cosa. La natura ci serve, perché ad esempio alcuni animali, che con l’edilizia scompaiono, contrastano i parassiti o gli insetti che danno fastidio. La natura ci serve, perché possiamo fare sport e vivere a lungo. Se uno continua a correre con l’edilizia, costruisce e costruisce senza sosta, non rimarrà più traccia di natura selvaggia, con grossi danni all’umanità stessa. Quello che Piero Angela vuole far trapelare è che:

l’uomo distrugge la natura, ma alla fine sarà la natura a ribellarsi e distruggerci.

Sì, è proprio così. Se l’uomo continuerà a consumare suolo e a crescere troppo come popolazione, la natura cercherà di preservarsi distruggendo chi non la rispetta: l’uomo. L’uomo è causa del suo stesso male. È ciò che dovrebbero comprendere tutti coloro che decantano il “Sì Tav” e i politici alla Salvini che ci incoraggiano a fare tanti figli. I danni si ripercuotono nella storia umana, non in quelli della Terra. La Terra sopravviverà e creerà un nuovo equilibrio, ma l’uomo non ci sarà più. E sarà colpa sua, perché quello che “getta via” gli ritorna indietro.

I movimenti giovanili che protestano contro il clima si stanno diffondendo. Il loro motto, nei confronti dei politici e di chi non si interessa dell’ambiente (PD o Lega che sia, cioè sia destra che sinistra), è “è a noi giovani che state rubando il futuro“. Beh, in realtà non esattamente. Ce lo hanno già rubato. Lo hanno rubato, e non solo con il cemento, a quella generazione che viene definita come quella dei “millennial” (i nati tra la fine degli anni ’80’ e il 2000). Se vogliamo che le cose cambino, bisogna smettere di votare chi ricava profitto con il cemento. È questo che vuol dire battersi per l’ambiente. Non è difendere l’alberello dell’Amazzonia facendo un gesto fine a sé. Si tratta di un’azione globale, che ci porti a vivere più in salute e con una migliore qualità della vita. Una delle battaglie maggiori che possiamo fare è quella contro il cemento e il consumo di suolo.

La strage del ponte di Genova

Nessuno vorrebbe mai dire di aver ragione dopo una tragedia come quella del ponte di Genova (agosto 2018). Purtroppo, è proprio questa assurda e folle rincorsa all’edilizia che ha provocato la strage del ponte di Genova. 43 morti e danni ingenti per un’opera edilizia che non si può neanche definire un obbrobrio, ma di più. Va detto che, in India, i monsoni provocano centinaia di morti, non decine. E di queste centinaia di morti i nostri media dedicano al massimo pochi secondi. Quello che ci deve preoccupare del ponte di Genova è il dolo di chi ha ricavato profitto sulla pelle della gente. I monsoni in India non hanno l’intenzione di uccidere, mentre in quello che è accaduto al ponte Morandi c’è la responsabilità della mafia edilizia e degli imprenditori che pensano solo ad arricchirsi. La revoca ad Autostrade? Ci sta, è sacrosanto. Ma vorrei far presente che, in Italia, esistono tanti altri ponti di Genova ed esistono tante altre opere edilizie di questo genere. Togliere le concessioni va bene, ma bisogna agire affinché i Benetton di turno (*) non abbiano la libertà di fare ciò che hanno fatto. Ci sono migliaia di Benetton in giro per l’Italia e ognuno di loro dev’essere controllato. Chi ha permesso ad Autostrade di fare quel ponte? I politici, ovviamente. E i politici vengono eletti! Si potrà dire che nessuno poteva prevedere la tragedia, ma diamine, se uno va a fare una verifica sul territorio lo vede che quella roba è una pazzia! Facciamo i funerali per coloro che sono morti ed è doveroso. Ma l’episodio ci deve anche far riflettere. Impariamo ad eleggere i politici che blocchino quanti più Benetton possibili ancora a piede libero (e sono tanti… prenderli tutti sarebbe ottimistico!). Circa metà degli italiani ha votato o vota ancora PD e Forza Italia. Due partiti in teoria opposti politicamente, ma entrambi responsabili di aver dato certi permessi. Se vogliamo evitare che si provochino altri morti, iniziamo ad agire smettendo di votare questi partiti.

* Notate come queste società formino spesso una specie di “matrioska” o siano in qualche modo correlate tra di loro.

Ma non impariamo mai!

Purtroppo, la strage del ponte Morandi non ha insegnato nulla. Vogliamo dire del Mo.se a Venezia? Un’opera ancora non terminata, su cui gravano enormi sprechi perché ognuno vuole portare a sé gli interessi. Oltre al fatto che una paratia fatta in quel modo arreca danno all’ecosistema della laguna. Andate a vedere come hanno gestito lo stesso tipo di problema a Rotterdam e capirete benissimo, se non avete i prosciutti sugli occhi, la differenza. Queste grandi opere sono una ingente spesa per lo Stato, ovvero per i cittadini, ma immaginate l’insieme di tante piccole opere del genere qui e lì per il paese, che proseguono sempre più intense fino all’esaurimento totale del territorio. Ebbene, non stupiamoci se il paese cade a pezzi sotto i colpi di madre natura con il surriscaldamento globale.

Cosa accadrà?

Va detto brutalmente una cosa che molti non vogliono accettare:

da alcune zone, si dovrà evacuare.

Mi vengono in mente quelli che da anni stanno vivendo nei container in zone terremotate. Oppure penso alle case in Liguria sulla scogliera messe a terrazzo (molto belle per le cartoline, ma pericolanti con i cambiamenti climatici che avanzano), dove una frana o l’acqua alta farà definitivamente perdere la casa a quella gente. Non potrà essere altrimenti, perché l’abusivismo è sempre stato un problema endemico in Italia. La natura si riprenderà quello che ha perso per arricchire il fatidico e tanto decantato boom dell’edilizia del secolo scorso. Il governo dovrà stanziare rimborsi o finanziamenti per permettere a chi deve sfollare (e vedrete che accadrà, non è catastrofismo e lo stanno dicendo molti scienziati come Mario Tozzi) di andare a vivere in zone sicure. È chiaro che una spesa del genere ricadrà sul collettivo. Non sarà assolutamente gratis, ma saremo obbligati perché i nodi di un’edilizia marcia stanno venendo al pettine. L’unica edilizia premiata sarà quella davvero virtuosa. Molti architetti e ingegneri stanno già da anni proponendo varie soluzioni e si andrà in questa via, come ad esempio le città che, pensate per buttare cemento dovunque, dovranno riempirsi di verde. Riprendendo il titolo dell’articolo, la crisi sarà per quella vecchia edilizia basata sulle grandi opere e del cemento a tonnellate, mentre verrà promossa quella cosiddetta “green” (a cui si possono dare diversi significati, ma questo è un altro discorso).

Gli eventi del malaffare