Il destino dell’occidente tra Cina, ambiente e diritti umani

Negli ultimi tempi, tra il Covid, Hong Kong e Taiwan, il caso Peng Shui, i dazi di Trump, si parla spesso della Cina. Si tratta di un paese grande più o meno quanto gli Stati Uniti, ma con una popolazione che è maggiore di 4.5 volte rispetto a quella americana e il doppio circa dell’Europa. Quando si parla di Cina, la si descrive come lo spauracchio o la minaccia dell’occidente, ma le cose sono ben diverse. Sono due le critiche maggiori che si fanno alla Cina. Vediamole nello specifico.

1) Ambiente
La Cina è il paese che inquina di più al mondo, seguita dagli Stati Uniti e dall’India. Tuttavia, se andiamo a vedere l’inquinamento pro capite, sono i paesi arabi, il Lussemburgo e gli Stati Uniti ad inquinare di più. È vero, comunque la popolazione è determinante nei problemi ambientali, ma allora, se penso ad esempio all’Italia, perché più si fanno figli e più si ricevono benefit economici dallo Stato? O tutti riconoscono che la sovrappopolazione è un problema o la Cina ha tutta la libertà di fare 3 figli. Alla Cina viene criticata la riapertura di alcune miniere di carbone ma, dall’altro lato, Xi Jinping è uno che crede nelle rinnovabili. La popolazione è incentivata a usare lo scooter elettrico ed è difficile ottenere il permesso di avere un’auto. Il paese del Dragone, nel 2017, ha attivato un piano per investire 370 mld di dollari per le rinnovabili, producendo 10 mln di posti di lavoro (pertanto, la riconversione energetica fa lavorare eccome tante persone!). Al 2016, la Cina è anche il paese con il maggior investimento sulla ricerca delle rinnovabili, quasi il doppio (1.9 mld di dollari) rispetto agli Stati Uniti (1 mld) e più dell’Europa. Certo, pro capite stanno indietro in questo tipo di investimento, ma ciò significa che la Cina non è così indietro come si vuole far credere. Le miniere di carbone? Non scordiamoci che anche in Europa l’energia elettrica dipende strettamente dai combustibili fossili  e non è tutto oro quel che luccica. Finché non saremo riusciti a usare l’idrogeno, sarà così per tutti.

2) Diritti umani
La vicenda degli Uigiuri è nota e non la si può contestare. L’incontro di Anchorage tra Cina e Stati Uniti rappresenta, però, quello che i cinesi davvero pensano dell’occidente. All’incontro, i rappresentanti cinesi hanno portato un documento dove vengono descritte le disuguaglianze e il razzismo negli States. Il concetto è stato “questo è quello che voi stessi dite di voi, non siamo noi che vi diffamiamo”. Non si può fare la morale alla Cina sui diritti umani se l’occidente per primo non riesce a liberarsi da violenza e discriminazioni. Basti vedere il sovranismo che imperversa un po’ dovunque, l’assoluzione del killer di Kenosha che ha ucciso 2 manifestanti, l’aborto ripristinato in alcuni stati americani, le frange di estrema destra che compiono attentati e violenze in Europa, la crisi della Siria e dell’Afghanistan, i migranti dall’Africa, le famiglie dei migranti separati da Trump, i funzionari della Lega in Italia che chiamano Liliana Segre con il numero di quando era nei lager. A Phoenix, in occasione del Turkey Trot (gara del giorno del ringraziamento), l’atleta Tori Gerlach è stata squalificata perché “troppo veloce per essere una donna (nonostante, parlando di professionismo, fosse lontana anni luce dal primato mondiale femminile). Insomma, la lista è decisamente lunga e non finiremmo più. Accusando la Cina, ci dimentichiamo di tutti questi problemi che avvengono allegramente in occidente. Se è vero che la Cina viola i diritti umani degli uigiuri, è altrettanto vero che la Cina sta costruendo importanti infrastrutture in Africa, laddove gli occidentali non solo non l’hanno fatto, ma hanno anche depredato. Da ciò si capisce che le cose non sono affatto lapidarie. Colonialismo del terzo millennio? Può darsi, ma la Cina ha semplicemente capito che il denaro è più potente delle armi per conquistare l’Africa.

L’occidente, un malato terminale destinato a soccombere

Il fatto è che i cinesi vedono l’occidente come una società in declino, un vero e proprio malato terminale ma, più che temere la Cina, l’occidente deve temere se stesso. Per quanto riguarda l’ambiente, affinché la Cina e l’India (altro paese emergente che inquina ma, come detto in precedenza, complessivamente e non pro capite) non inquinino, occorre una distribuzione equa della ricchezza a livello mondiale. I paesi più ricchi, cioè quelli occidentali, devono fornire compensazioni economiche ai paesi più poveri come quelli dell’Africa. È interesse di tutti farlo, altrimenti lo sfruttamento di combustibili fossili e la deforestazione saranno le vie più semplici per crescere. Non si vogliono dare queste compensazioni? Beh, allora gli altri hanno tutto il diritto di bruciare combustibili fossili quanto pare e piace, dato che è l’occidente stesso ad aver raggiunto la sua ricchezza depredando, uccidendo i nativi e distruggendo. Troppo facile così! Il governo indiano ha fatto un lockdown per lo smog, ma le scene della Londra vittoriana e delle fabbriche inglesi del novecento non erano tanto diverse da quello che si vede in India e in Cina oggi. È l’occidente che può modificare di più il proprio stile di vita per rimediare ai danni ambientali. Non è ovviamente l’unico fattore ma, se ogni volta la Cop finisce con un nulla di fatto, non si può sempre dare la colpa allo spauracchio di turno che fa comodo quando non si vuole agire (il bla bla a cui si riferisce Greta). Più che essere i cinesi gli invasori, è l’occidente che non sa liberarsi dei suoi vizi. Infatti, se è vero che industrialmente non si può fare nulla per contrastare la Cina, è pure vero che l’occidente può salvarsi basando la sua società sul benessere e sulla qualità della vita. Cercare a tutti i costi di proseguire la crescita senza limiti e il mero profitto non farà altro che portare l’occidente a una inesorabile morte, e non per colpa della Cina. L’occidente deve pensare a riequilibrare la sua società, risolvere i suoi conflitti e, anziché concentrarsi troppo ad accusare gli altri, deve sistemare le sue disuguaglianze e le sue contraddizioni (la Polonia che da paese brutto e cattivo diventa da un momento all’altro la povera vittima per via della minaccia dei migranti e, dall’altro lato, il silenzio sulla guerra tra Armenia e Azerbaigian, il continuo dimenticarsi dell’Afghanistan ecc). La paura nei confronti della Cina, probabilmente, deriva dal fatto che la Cina sarà pure ancora goffa e inesperta, ma cresce, e l’occidente, con i suoi problemi, ha paura di rimanere indietro. La Cina ha tutto davanti a sé, mentre l’occidente deve salvarsi da se stesso.

L’errore dell’occidente è quello di rivolgersi ai paesi emergenti come se fossero ancora inferiori in qualche modo (non a caso, Bolsonaro ha parlato di nuovo colonialismo), senza capire che i paesi emergenti, prima o dopo, saranno le forze economiche del futuro anche per via della popolazione bruta. Stati Uniti ed Europa, insieme, non raggiungono neppure la popolazione dell’India. Considerando la crescita dell’India dal punto di vista della ricerca tecnologica (vedasi il centro di Bengaluru) e quello della Cina nell’energia rinnovabile, sedersi al tavolo della Cina e dell’India pensando di essere ancora i superiori è il miglior modo per far fallire definitivamente l’occidente. Molti sono purtroppo rimasti indietro, legati a una visione della Cina risalente ai tempi di Mao (e dei mangiariso per quanto riguarda gli Indiani, cosa per altro falsa perché è in realtà il pane il tipico piatto a sfamare principalmente gli indiani). Non si sono accorti della crescita e dei cambiamenti e continuano a non accorgersene. Ma, ripeto, il vero nemico dell’occidente è l’occidente stesso. Finché ci saranno tragedie come quella di George Floyd o individui che paragonano il green pass ai lager, l’occidente soccomberà per sua stessa mano, non a causa della Cina, non dell’India né di altri. La Cina ha i suoi difetti ed è un paese autoritario (*). Nessuno nega la discriminazione degli uigiuri, le ingerenze su Hong Kong (i vecchi colonialisti britannici non erano di sicuro più buoni) e Taiwan. Il punto è che, per renderci credibili, noi occidentali dobbiamo imparare a razzolare bene. Che poi, questa è la frecciata che ci ha lanciato anche Putin quando è sorto il problema migranti tra Polonia e Bielorussia.

* Molti cinesi ribattono che governare un popolo di oltre 1 mld di abitanti non è facile e l’autorità è necessaria. Ognuno quindi ha le sue ragioni nel mondo e non possiamo decidere noi per altri su come si deve fare in casa propria. Se loro hanno deciso che va mediamente bene così (non vale per tutti, ovvio), ne hanno il diritto.

Dopo quanto detto finora, qualcuno ribatterà: “e allora vai a vivere in Cina!” La risposta che uso dare è perentoria: è la Cina che è già da noi! Molti sponsor nel calcio e proprietà dei club sono cinesi. E, se non sono cinesi, sono arabi o di altri paesi asiatici, come ad esempio il Leicester della famiglia Srivaddhanaprabha che ha vinto la Premier League qualche anno fa. Città come Prato e Milano sono una seconda casa per i cinesi o alcuni quartieri di Roma per gli indiani. Cina e India non hanno solo forza lavoro intesa come massa, ma anche una grande voglia di fare successo. La stessa cosa avviene per gli italiani con origini africane nell’atletica, vedi Faniel terzo alla maratona di New York 2021, Yassine Rachik e Yeman Crippa. Sono tutte persone che, anche a costo di tanti sacrifici, hanno una gran fame di arrivare in alto. L’occidente può ancora essere pioniere, ma a patto di scordarsi di poter essere competitivo nell’industria e nell’economia a livello mondiale. L’unica speranza è quella di cui parlo già spesso:

costruire una società basata sul benessere e la qualità della vita.

Gli scandinavi l’hanno già capito e, non a caso, sono sempre in alto negli indici di benessere globale. Se ci impunteremo sulla crescita infinita, intesa sia come economica che popolazione, se continueremo a uscircene con bestialità come quelle della destra nostrana sugli yacht e il lusso che danno posti di lavoro, fidatevi che la Cina ci divorerà in un solo boccone e sarà solo questione di quando, non di se.