Sì al reddito di benessere universale!

Si parla molto spesso di reddito di cittadinanza, di benefit e quant’altro. Il concetto è lo stesso: dare una quota mensile agli indigenti e non solamente un’indennità minima per chi ha già perso involontariamente il lavoro con solo determinati contratti. È una regolamentazione che esiste in tutti i paesi più progrediti, ognuno dei quali con propri parametri, tranne che in Italia. C’è da dire che girano diverse bufale a riguardo, ad esempio che, in Inghilterra, chi non ha lavoro riceve una quota mensile che va da 700 euro a più di 1550 euro. Cifre veramente assurde. La realtà è ben diversa e si parte da quasi 300 sterline (circa 400 euro) per il comune Job Seeker Allowance, ovvero un aiuto economico che viene dato a chi è in cerca di lavoro e ha 16 mila sterline o meno come risparmi. E a dire il vero, chi ha meno di 25 anni prende meno, non arrivando a 250 sterline (circa 320 euro). Il quadro è notevolmente differente rispetto ai cifroni visti in alcuni articoli. È vero che ti aiutano nel pagamento di affitto ed elettricità, ma suvvia, io che ancora vivo qui in Inghilterra non ho visto nessuno prendere un benefit così ricco, senza poi considerare che ti fanno le pulci e non è oro quel che luccica, specie in un paese come il Regno Unito che non è di molto più avanti rispetto all’Italia dati alla mano.

Ma lasciamo stare le bufale e andiamo al sodo spiegando cos’è il reddito di benessere, inteso però come quello rivoluzionario e universale. Attenzione, prima di dire che è follia, leggete l’intero articolo e vi spiegherò perché invece è un atto di modernità. In realtà, il vero e proprio reddito universale di benessere è un enorme vantaggio per la produzione. Ovviamente, affinché la produzione decolli davvero, ci devono essere delle regole. Ad esempio, dico reddito di benessere universale ma, come spiegherò più avanti, prima di tutto viene l’istruzione. Andiamo con calma e tutto sarà più chiaro.

Il reddito di benessere universale (non è quello del M5S!)

La bufala del reddito di cittadinanza

Io parlo di reddito di benessere, cioè universale. Ecco perché devo precisare che non è il reddito di cittadinanza del M5S. Il reddito di cittadinanza del M5S è una bufala, o almeno così come posto al momento. I benefit dei paesi scandinavi si interessano di chi non ha risorse e lo tutelano o gli danno i mezzi per essere indipendente. Il primo passo doveva essere la costruzione delle basi per arrivare al modello scandinav, ma non è stato minimamente fatto. Anche Di Maio, ahimè, si basa sempre sulla filosofia nazista del lavoro che dà dignità. Vedete com’è facile farsi fregare dai “parolieri”? La differenza con il sistema scandinavo è netta. Gli scandinavi cercano di mettere il cittadino nelle condizioni di cavarsela da soli. Il M55, invece, ci vuole schiavi perché dice che non ci vuole sul divano. Questa differenza dev’essere ben chiara, perché altrimenti non si riuscirà a vedere la fregatura. Per quanto riguarda gli scandinavi, ho approfondito meglio nell’articolo sul perché dovremmo aspirare al loro modello. La proposta del M5S non è per i cittadini, ma per un tornaconto politico. È anche un modo, molto fasullo, di poter dire che la disoccupazione è calata. Sì, è calata perché hai reso il cittadino uno schiavo, pagandolo con un’elemosina, magari costringendolo ad andare da una parte all’altra dell’Italia con lavori part-time per non perdere la briciola nella ciotola. Non è un tentativo nuovo di far calare la disoccupazione senza che sia calata per davvero. Ci hanno provato altri politici in passato, per poter avere uno slogan di successo, ma a questo giro siamo al top.

Intendiamoci, io dal M5S non mi aspettavo assolutamente il vero e proprio reddito di benessere universale. Sono il primo a dire che è un processo che richiede tempo, anni. Implica di diventare un popolo moderno a partire da ogni singolo cittadino e fin dalle piccole cose. Quindi, il reddito di benessere universale è un programma da attuare nel lungo periodo. La delusione riguarda il fatto che il reddito di cittadinanza del M5S non è un vero reddito di cittadinanza e non offre nemmeno le stesse garanzie di disoccupazione dei paesi scandinavi.

Di Maio sostiene che non vuole dare soldi perché la gente rimanga sul divano. Non ha capito che, nella vita, non c’è solo il lavoro, bensì conta sempre di più il tempo libero. Se uno non lavora e sta sul divano, vuol dire che non ha oggetti d’amore. Lavorare servirebbe solo a mascherare un problema che verrebbe fuori alla pensione. Esistenzialmente, chi non ha oggetti d’amore è sempre spacciato, prima o dopo. Alla classe politica serve che i cittadini al più sopravvivano o siano schiavi del lavoro, perché così non apprezzerebbero il valore del tempo libero e non si ribellerebbero ai governanti che li sfruttano. Il reddito di cittadinanza del M5S è una elemosina di schiavitù. Una bufala, appunto. Con la scusa della “norma anti-divano”, ti obbligano a lavorare in condizioni più infime della vecchia precarietà. Che poi, forse non si viene spediti dall’altra parte dell’Italia, ma non credo che l’odissea del pendolare entro i 100 km sia una vita ideale (per via del tempo di viaggio e dei noti problemi dei treni regionali). In pratica ti danno un’elemosina e tu, in cambio, sei il loro schiavo, alle loro condizioni, con i loro obblighi insindacabili, un po’ come nelle dittature del novecento. Non c’è una profonda analisi di come dare opportunità al cittadino di raggiungere l’autonomia e predisporre della propria vita, ma si vuole soltanto che la gente non stia sul divano. Detto in altre parole, dobbiamo diventare un popolo di soldatini (ammesso che non lo siamo già) che hanno il dovere di servire lo Stato. I vantaggi sono sproporzionati a favore di chi, in questo modo, può millantare il calo della disoccupazione. L’assurdità è che il M5S ne fa un vanto ma, d’altro canto, anche nei regimi dittatoriali si lodava il sacrificio per la patria.

Inesattezze sul reddito di cittadinanza

Urge precisare che, sul reddito di cittadinanza, nessun media ha detto come funziona veramente. Nessuno, ma davvero nessuno, l’ha spiegato. Fioccano servizi televisivi dove fanno vedere chi si compra lo champagne da 100 euro oppure la gente che prende il RdC e non vuole lavorare perché non cambia nulla. Se è vero che bisogna rivedere il sistema dello stipendio minimo, è scioccante che nessuno abbia sottolineato che il RdC si azzera alla fine di ogni mese. Cosa vuol dire? Che, se mi danno 500 euro e ne spendo 200, il mese successivo non ne ho altri 500 più i 300 avanzati. Ne ho sempre 500! È pertanto impossibile arricchirsi con il RdC. Si possono prelevare solo 100 euro in contanti, con cui di certi non diventi ricco. Il motivo per cui questo dettaglio viene sempre sistematicamente omesso è facilmente intuibile. L’Italia non ha ancora capito che la società del futuro sarà diversa e, se uno non lo capisce spontaneamente, lo capirà in modo brusco. Se avete letto bene il mio articolo, capirete che non ho motivo di elogiare il RdC. Io voglio essere un passo in avanti. Tuttavia, bisogna dire le cose come stanno per davvero e si è diffusa la bufala che, in pratica, il RdC è come uno stipendio ma ti fa stare sul divano.

Lo stanno già sperimentando!

Il reddito di benessere non è una follia, perché c’è già chi lo sta sperimentando. Mentre c’è chi guarda avanti, l’Italia arriva tardi su ciò che altrove esiste da tempo e, per questo, pensano a un futuro più progredito. Non si sa se il reddito di benessere universale sarà concretizzato dove lo si sta sperimentando, ma intanto ci si sta muovendo. Questa rivoluzione arriva dalla Finlandia, che propone un reddito di benessere universale per tutti i maggiorenni di 630 euro, implementabili a seconda di particolari condizioni come congedo, malattia, paternità o maternità ecc. Un sogno? No, è tutto vero, visto che la Finlandia è fra i paesi più progrediti al mondo, ha una economia stabile e l’evasione fiscale è quasi inesistente. In parole povere, i finlandesi se lo possono permettere e mi auguro che la proposta venga definitivamente approvata (tra l’altro, Juha Sipila è del Partito di Centro Finlandese, segno che il benessere non ha colori). L’esperimento finlandese è rientrato (l’annuncio è stato dato nel 2019, dopo 2 anni di sperimentazione), ma non è questo che conta. Quello che conta è che alcuni governi ci hanno pensato e bisogna solo aspettare tempi più maturi, cosa perfettamente chiarita in Finlandia. I beneficiari del reddito, comunque, se non hanno trovato lavoro più facilmente, sono risultati più felici e più in salute rispetto a chi ha il normale sussidio con il vincolo del lavoro. Pertanto, una società che punti sempre di più al tempo libero è l’obiettivo. I finlandesi non sono stati sul divano come continuano a ripetere gli schiavisti alla Di Maio. Al contrario, hanno sfruttato il tempo libero per migliorare la qualità della vita. La linea è tracciata e dobbiamo essere pronti al cambiamento.

Come attuare il reddito di benessere universale

È vero, la nostra economia non è per niente stabile e persino l’idraulico del condominio fa di tutto per farsi pagare in nero quei 50 euro di prestazione con la scusa del “tengo famiglia”. È vero, è vero, ma il fatto che un reddito universale come quello proposto in Finlandia non si possa fare anche in Italia per problemi di evasione non dev’essere un deterrente, bensì un motivo per contrastare nel miglior modo possibile il fenomeno: l’evasione fiscale dev’essere strenuamente combattuta. Poi potremmo incrementare i prezzi di quei consumi contro la salute e nocivi, come il fumo, gli alcolici, il gioco di azzardo. Tanto, chi è dipendente e se lo può permettere non si ferma di certo a un costo eccessivo. Per chi va in giro con la maglietta del Che e si fa lo spinello e protesta, forse dovrebbe andare a vedere quanto costano alcolici e tabacchi in Svezia. Il sistema sanitario svedese non è efficiente per benedizione divina, ma c’è tutta una serie di sistemi che permettono di investire molto nella sanità e per tutto il popolo: nulla si crea da 0! Andiamo fino in fondo ed eliminiamo tutte quelle opere inutili che gravano sul cittadino. Chi le realizza parla di rientro delle spese, di guadagno nell’immagine dell’Italia, ma intanto quei soldi che mi hanno preso per l’Expo non li ho più rivisti. Solo per la costruzione dei padiglioni, l’Expo è costato 3.2 mld di euro. E in Italia, ogni anno, nascono tanti piccoli e inutilissimi Expo che gravano sul cittadino senza che gli venga qualcosa di concreto e importante a vantaggio. Con questa presa di misura, aiutiamo a non peggiorare il dissesto ambientale che è già grave di suo e ci impegniamo a risolvere il decentramento che è sempre un costo non indifferente. Se proprio vogliamo “esagerare” (in realtà, sarebbe un atto di civiltà), diciamo pure che i super redditi devono essere, appunto, super tassati. Un imprenditore che guadagna 1 mln di euro all’anno, a meno che non investa, non ha alcun diritto di portarsi a casa così tanti soldi per mantenere vizi come 4 yacht e 8 ville: che paghi in tasse (diciamo dal 70% in su) e aiuti chi è meno agiato… c’è un limite al profitto personale! Quanto si può mettere da parte con la serie di miglioramenti elencata? Diciamo che riuscire a racimolare un 200 mld di euro all’anno non è missione impossibile: basta volerlo e cambiare, sensibilizzando man mano chi ci sta vicino e conosciamo per compiere passaparola.

I miei calcoli sono volutamente “disastrosi”!

Nel senso che è impensabile che così tanta gente voglia fare il “barbone” con il reddito di benessere universale. Ma questo dimostra che è economicamente fattibile! Per riassumere, ecco cosa bisogna fare per disporre dei soldi necessari al reddito di benessere.

– inasprire la lotta all’evasione fiscale;
– abbattere i costi della politica di 15 mld di euro;
– alzare il costo su consumi dannosi alla salute e nocivi (sigarette, alcol, gioco d’azzardo);
– togliere i finanziamenti a opere inutili (Expo, ospedali abbandonati, strade che decentrano e via dicendo);
– super tassare i super redditi (i redditi, non gli investimenti).

Super tassando i super redditi del 70%, potremmo arrivare a mettere da parte almeno un 50 mld di euro circa. Non sembra, ma provate a fare un calcolo di quanti redditi superiori ai 100 mila euro all’anno ci ci sono. Ce ne sono circa 800 mila. Alcuni guadagnano milioni di euro e si potrebbe arrivare a una tassazione addirittura del 90%. Guadagnare è giusto, ma bisogna anche darsi dei limiti. Sia chiaro: bisogna tassare i redditi, non gli investimenti. Chi guadagna 1 mln di euro e lo investe in nuovi posti di lavoro e fabbriche ha tutto il diritto di poterlo fare. I nostri 200 mld di euro diventano dunque, da utopia, realizzabili. Chi non è convinto della fattibilità del gettone dei 200 mld di euro all’anno pensi che tutte le entrate (tributarie ed extra tributarie) dello Stato italiano, nel 2015, sono state di oltre 500 mld di euro. Capisco che non si possa fare da un giorno all’altro, ma almeno andare avanti, aggiungere un tassello in più per diventare un paese moderno è auspicabile. Invece zero, siamo ancora in alto mare.

Vorrei precisare, a costo di essere controcorrente, che la colpa non può essere tutta della politica ma, anzi, se si guarda l’impatto della politica, ci si accorge che è solo una frazione. Ciò significa che siamo così lontani da una società moderna perché, innanzitutto, gli italiani non si adattano ai cambiamenti e al saper vivere semplice. Finché l’italiano medio continuerà a fare soldi in nero con la scusa del “tengo famiglia”, finché vuole sempre troppo e di più, non ne verremo mai fuori. Finché la gente sarà dipendente da svariate forme di vizio e della cosiddetta bella vita, il reddito di benessere in Italia continuerà a restare lontano di anni luce.

Il rivoluzionario senso del reddito di benessere

Se la Finlandia ha voluto sperimentare, vuol dire che c’è chi reputa utile o possibile il reddito di benessere. Pertanto, come già detto non è affatto un’idea folle. La società ha l’obiettivo di migliorarsi sempre di più, di arrivare sempre di più a un maggior grado di democrazia e di benessere sociale. 200 anni fa, nessuno immaginava che avremmo potuto lavorare 8 ore, visto che si rimaneva fuori per campi dall’alba al tramonto solamente per sfamarsi. Dunque, nel terzo millennio, è lecito che il progresso debba riguardare l’opportunità di avere tempo libero. Chi non è convinto di questo pensi che la Norvegia è il paese con il più alto grado di benessere e dove si lavora meno: non un caso.

Il futuro della nostra società dev’essere quello di robotizzare il più possibile le industrie, lasciando che il singolo possa scegliere cosa fare della sua vita. Il nostro governo è purtroppo arretrato e continua a volerci convincere che dobbiamo lavorare fino all’ultimo dei nostri giorni e che non vedremo mai la pensione (ovviamente loro avranno una pensione anticipata di milioni di euro!). Beh, tutto questo va cambiato e si deve avere il diritto di coltivare il proprio tempo libero. Chi, al di là del lavoro, non ha nulla dovrebbe riflettere sull’incapacità di trovare interessi e oggetti d’amore, ma questo è un altro discorso. La società non deve più basarsi sul “o lavori o finisci per strada”, mentalità retrograda e che provoca sfruttamento, bensì sulla certezza che, sebbene nessuno deve avere la pretesa del miglior lavoro, si sarà sempre protetti da un reddito minimo garantito. Insomma, il lavoro non dev’essere un obbligo, ma una scelta per chi vuole avere di più. Ciò che dev’essere garantito è la minima sufficienza! Purtroppo, per come vanno le cose oggigiorno si deve paradossalmente essere sfruttati e pagare anche in salute fisica e mentale per faticare lo stesso a sopravvivere. Certo, lo studente laureato in lettere che spende in sigarette e pretende di avere il miglior lavoro a posto fisso (atteggiamento prepotente) non ha capito nulla di come ci si adatta nel mondo, ma è anche indubbio che, se non si introduce il reddito di benessere universale, non diventeremo mai un paese moderno. La robotizzazione è già iniziata da un pezzo. Anziché lamentarci che la robotizzazione lascia a piedi molte persone, si deve cambiare la nostra accezione di lavoro e questo implica necessariamente l’introduzione del reddito di benessere affinché tutti abbiano il pane. Poi, sì, se uno vuole standard più elevati deve guadagnarselo e meritarlo, fatto non compreso da molti “giovani” che dicono di essere precari e non trovare lavoro. Il discorso sul meritarsi il lavoro migliore l’ho spiegato nell’articolo sul lavoro. Ne consiglio la lettura, perché ci sono parecchi “giovani” che non comprendono questo punto e arrivano a pretese assurde dando la colpa al governo dove effettivamente non ne ha.

Se l’occidente non vuole morire, deve puntare sul tempo libero e la qualità della vita, mantenendo i lavori che ancora possono dare qualcosa come il turismo (e per l’Italia sarebbe la salvezza) o le banche in Svizzera. Se ci si incaponisce con l’industria, solo un illuso può pensare di non essere annientato da popoli determinati ad emergere (qualità che gli italiani in primis non hanno) come l’India e la Cina. Comunque sia, se non l’abbiamo finora, ci ha pensato il Coronavirus a far saltare il sistema. Beppe Grillo ha già approvato l’idea. Il reddito di benessere universale dovrà essere la vera soluzione per chi è rimasto senza lavoro a causa dell’emergenza.

Obiezioni e risposte alle obiezioni

A coloro che obiettano, si può ribattere in base ai seguenti punti.

1) È costoso
No. È costoso solo se ci sono gli sprechi e si finanzia un sacco di opere inutili senza alcun concreto beneficio. Altrimenti, che motivo ha un partito di centro finlandese di organizzarsi per fare la proposta? Ho già fatto vedere che, togliendo tutti gli sprechi possibili, lottando più strenuamente contro l’evasione fiscale, super tassando i super redditi e ottimizzando dovunque possibile, 200 mld annui si tirano fuori eccome. E, come ho già detto, il calcolo dei 200 mld voleva essere apposta spropositato.

2) Diminuisce il tasso di occupazione
E allora? È solo un condizionamento antico che non collima con gli attuali cambiamenti. Inoltre, fammi capire, se io non lavoro non valgo come cittadino? Allora non valgono nemmeno gli universitari che si concentrano unicamente negli studi, non valgono tutti quelli che sono in pensione, i bambini, le madri a tempo pieno. Eccetera, eccetera, eccetera: tantissima gente non vale nulla perché non lavora. Fail clamoroso.

3) Aumenta il salario minimo al quale una normale forza lavoro è disposta a prendere un impiego.
Ma magari un medico diventa tale perché si vogliono salvare vite? Magari si diventa poliziotti perché si vuole contribuire a un paese in ordine? Magari si fa l’artigiano perché si ama l’artigianato? Chi dedica la sua vita alla pasticceria non lo fa per lavoro, ma perché ha una grande passione che gli viene remunita se è bravo in quello che fa. Ecco il progresso del reddito di benessere. Con il reddito di benessere universale, guadagna chi è davvero abile e chi non lo è, piuttosto che pretendere uno stipendio immeritato, se ne resta a casa sapendo che non farà la fame come purtroppo avviene oggigiorno.

4) Il reddito di benessere universale serve per i fannulloni di guadagnare stando a casa
Chi sostiene una posizione del genere non ha compreso come funziona il mondo del lavoro nell’era moderna. Il problema dell’Italia (uno dei miliardi, sia chiaro) sono proprio i fannulloni che rubano lo stipendio. Non serve citare i “furbastri del cartellino”. Basti pensare anche solo agli impiegati che stanno per ore in ufficio, ma per gran parte di queste ore stanno in internet a postare sui forum o su Facebook. Perché non ci si lamenta di questa gente? Il perché è facilmente intuibile. Sono personalità troppo all’antica, che non sanno vedere a mente aperta. Nei paesi scandinavi, lavora chi è competente. Gli altri lavorano saltuariamente, ad esempio facendo i commessi e, quando non lavorano, hanno il benefit di disoccupazione. E il sistema scandinavo, così, funziona benissimo e spinge alla crescita, perché si basa sulla meritocrazia. Bisogna vedere lo scopo del reddito di benessere universale attraverso una chiave diversa. Esso non serve per far guadagnare ai fannulloni stando a casa, ma spinge a darsi da fare e ad avere la competenza per meritarsi uno stipendio più alto!

Sono l’ignoranza e la mancata modernizzazione di chi ha ancora un concetto di lavoro vecchio di 40 anni, facilmente contraddetto dal sistema dei paesi più progrediti (quelli scandinavi). In realtà, il reddito di benessere aumenta la produzione, perché da un lato permette ai datori di lavoro di licenziare più facilmente gli incompetenti o chi è inadeguato, evitando sprechi e perdita di soldi. Ma dall’altro lato, non rende il lavoratore uno schiavo senza diritti, perché avrà sempre il reddito di benessere come “paracadute” garantito e con cui sopravvivere. Alla luce di questo, dovrebbe essere chiaro che il reddito di benessere richiede sì un notevole investimento per poter partire, ma a lungo andare non è affatto un danno economico, bensì un bene! Il parassitismo è una delle tante piaghe dell’Italia. C’è troppa gente che prende lo stipendio immeritatamente. Così, la produzione non riuscirà mai a decollare. Chi non sa fare bene il lavoro deve restare a casa, semplice. Se uno vuole guadagnare, deve disporre della giusta capacità. Smettiamola di credere che siamo tutti i più competenti e che meritiamo sempre il meglio. Non è così. Se davvero vogliamo aiutare la produzione a riprendersi, il reddito di benessere è una condizione necessaria. Non è vero quello che sostiene la Lega ma, anzi, è proprio un benefit minimo che riduce il profitto illegale!

Faccio presente che, con il reddito di benessere universale, al più uno vive come un barbone, con un significato non per forza negativo. Se ci vogliamo fare una famiglia, è implicito che bisogna darsi da fare e saper fare un lavoro. Chi vuole formare una famiglia si presuppone che abbia questa dote (e non solo questa, ovviamente). Molti di coloro che prenderebbero il reddito di benessere, invece, lavorerebbero male e per questo è meglio che stiano a casa! Questo stile di vita da barboni è, che ci crediate o no, uno dei motivi per cui gli inglesi dominano ancora mezzo mondo. È tutto vero, e nell’articolo linkato sono spiegati bene i meccanismi.

Chi non comprende che il modello di lavoro che finora abbiamo conosciuto non ha più senso dia pure un’occhiata a questo articolo sui robot e su Erica, la prima giornalista androide. Insomma, alla fine torniamo sempre lì. Ci sono persone che hanno una visione limitata della società. Si comportano come dei bravi ragazzi o delle formiche operaie, senza considerare che esistono gli oggetti d’amore e il tempo libero. Che senso ha immolare la propria vita per il lavoro e ritrovarsi in pensione che si è già quasi nella tomba, senza aver pienamente vissuto? Il tempo perso non torna indietro e, se non troviamo nulla da amare oltre al lavoro, è tutto molto triste. Sì, io credo fermamente nei robot e nella loro “integrazione”, perché una società deve andare avanti.

Infine, voglio riportare un altro fatto che affossa le critiche al reddito di benessere universale. Come ho spiegato nell’articolo sullo smettere di lavorare (che ho linkato prima), cinesi e indiani stanno avanzando. Hanno appreso il “know how” degli occidentali, non solo migliorandolo ma potendo contare anche sui grandi numeri. L’industria del futuro sarà sotto il loro dominio (*). Servirà a poco la reazione del sovranismo o dei dazi. È una lotta che il vecchio e obsoleto occidente non potrà mai vincere. Quindi, dobbiamo cogliere l’opportunità di cambiare il sistema. Se l’occidente non lo farà, sarà spacciato. Ci si può illudere del contrario votando Trump o Salvini, ma il destino è segnato. In sintesi, se l’occidente perirà, non sarà tanto colpa dei cinesi, ma dell’incapacità dell’occidente di cambiare il suo sistema. Charles Darwin ha sempre insegnato che sopravvive chi si adatta! Bisogna serenamente accettare che l’industria del futuro sarà in mano ai cinesi e agli indiani, dirigendo l’occidente verso la visione scandinava. D’altronde, è legittimo che anche gli altri paesi vogliano crescere.

* Obietterete che, se India e Cina cresceranno come gli occidentali, provocheranno danni ingenti ambientali. In realtà, loro sono perfettamente consapevoli di ciò e ci stanno lavorando. Hanno solo bisogno di più tempo (vedi sui cambiamenti climatici). Non mi stupirei se, una volta raggiunta una certa ricchezza, agiranno prima di molti paesi occidentali! Il fatto che la Cina abbia accettato meglio le perdite economiche del COVID-19, rispetto a molti paesi occidentali ancora meramente attaccati al portafoglio, è già un segnale. Oppure penso alle restrizioni sulle auto, con la promozione dello scooter elettrico come mezzo di trasporto, anche quando le temperature sono rigide. Siamo sicuri che i cinesi siano così indietro nell’ambiente?

Gradualità e incentivo all’istruzione

Qualcuno può sostenere che non si può creare un progetto del genere da zero, così come non si può correre subito per 10 km partendo da sedentari o con poca attività fisica alle spalle. È vero, è così. Non si entra di colpo a regime. La parola chiave è: gradualità. Ad esempio si può alzare l’aliquota dei super redditi del 10% ogni 2 anni. E si deve valutare meglio l’utilità delle opere. L’Expo è stata un’opera inutile costata miliardi di euro, con il contributo degli italiani che è andato del tutto perso per un fantomatico ritorno di immagine e il vero guadagno andato a pochi. In pratica l’italiano ha speso per finanziare l’Expo e ha speso di nuovo, nel caso in cui sia stato fesso, per parteciparvi anche! No comment. Ponendo le dette considerazioni, il reddito di benessere verrebbe dato gradualmente, ad esempio a partire da una quota che, ogni 5 anni, va in crescendo fino alla quota prestabilita. Oppure si può iniziare dandolo per scaglioni di età, partendo dall’idea di Boeri: si inizia dagli over 55 e, ogni 5 anni, si abbassa di 10 anni gli aventi diritto. In questo modo, i soldi necessari sono diluiti nel tempo. Si può giocare sugli scaglioni di età e sulle cifre, ma il metodo funziona. E per incentivare le persone a studiare, a essere intelligenti per cavarsela nel mondo e avere un’adeguata istruzione per tenere il passo con i maggiori paesi, potremmo dare il reddito di benessere universale solamente a partire dai 25 anni compiuti, così ognuno può effettuare gli studi che desidera per offrire le sue abilità al Paese o per coltivare un suo oggetto d’amore che viene remunito. In questo modo, non tutti i cittadini maggiorenni prenderebbero il reddito di benessere ma, stabilendo una quota anche di ben due terzi (30 mln di cittadini) degli aventi diritto, avremmo un reddito di benessere di 475 euro al mese con un investimento annuo di 200 mld di euro. 475 euro sono una cifra appena sufficiente per sopravvivere se si possiede già una casa propria, ma parliamo pur sempre di due terzi degli aventi diritto. Con l’incentivo di studiare e di mettere al collettivo la propria professione, dubito che così tante persone prenderebbero il reddito di benessere. E ricordatevi le entrate totali del nostro governo nel solo 2015 che ho citato in precedenza. Di anno in anno, tutto diventa decisamente fattibile.

Qual è la differenza tra la condizionale del lavoro e l’incentivo all’istruzione? Molto semplice. Incentivare l’istruzione vuol dire formare dei futuri medici, scienziati, o anche avvocati, ingegneri, artigiani. Insomma, si spinge a fare una professione che piace e si fa con il massimo impegno. La condizionale del lavoro, invece, porta a creare una società di bravi ragazzi, che però si limitano giusto al compitino e non mettono impegno. È per questo che il reddito di benessere universale non viene dato prima di una certa età. Prima, uno deve studiare e avere l’opportunità di mettere alla prova le sue qualità. Se non vuole o non ci riesce, allora avrà il reddito di benessere universale, ma non da subito. In Italia, siamo troppo indottrinati con l’ideale di lavoro. Ma il lavoro così com’è stato concepito finora non ha più senso. È stato superato dall’efficienza dei robot e si deve puntare sulla qualità della vita.

La società deve prendere le soluzioni migliori per il più alto grado di benessere. Vediamo poi un altro aspetto positivo del reddito di benessere universale. Poiché la quota ci permette di avere ciò che è davvero necessario, si avrà la possibilità di educarsi al valore della semplicità, a rinunciare a tante cose futili del quotidiano, a non voler troppo, a non sprecare ciò che ci viene dato. Dal punto di vista esistenziale, non c’è paragone. Preferisco vivere con 600 euro al mese (non tutti gli aventi diritto vorranno limitarsi al minimo e si troveranno un lavoro) e godermi la giornata con i miei oggetti d’amore piuttosto che guadagnare 2000 euro, avere la BMW ed essere stressato.

In quale paese si vive meglio?
La solidarietà dev’essere legge