Consumo energetico nella corsa (anche in salita)

Saper calcolare il dispendio energetico nella corsa è fondamentale per poter gestire l’alimentazione e il pasto dopo l’allenamento. Ah, ci tengo a precisarlo affinché sia chiaro. Ho detto che conoscere quanto si brucia con la corsa serve per rigenerare correttamente, ma NON per fare sport come strategia anti-calorie! Chi fa sport come strategia anti-calorie non sta facendo vero sport. Vedi anche sulla fame da sport. Chiarito questo, tante volte per il consumo energetico nella corsa si propone la seguente formula:

E (energia) = P*km.

Dove P è il peso dell’atleta. Quindi, se corro per 10 km e peso 60 kg, brucio 600 kcal. In realtà, il discorso è una buona media che vale per un amatore. Per avere un quadro più dettagliato, bisogna considerare diversi fattori, come ad esempio il grado di allenamento e la capacità di ottimizzare meglio le energie. Un atleta ben allenato è capace di bruciare meno calorie per allenarsi, in modo tale da percorrere una distanza maggiore e avere prestazioni migliori di un principiante. Al contrario, i principianti, che magari faticano ancora a reggere l’ora di corsa, bruciano più calorie. Pertanto, avremo un fattore di ottimizzazione (k) che va da 0.8 a 1.2. Tale k va moltiplicato alla formula di cui sopra. Cioè, per 10 km avremo un dispendio energetico che va da 480 kcal per chi è allenatissimo e super efficiente a 720 kcal per un principiante che, magari, ha da poco superato il moribondo.

La formula che abbiamo visto è detta anche approssimazione di Margaria. Per un normale amatore, anche molto allenato, il k posto a 1 è l’approssimazione migliore e più semplice, mentre per gli atleti professionisti si deve usare un k più basso. Chi fa grossi volumi di allenamento ed è molto veloce può avere un k di 0.8 per le sedute più blande. Dev’essere così, altrimenti l’organismo andrebbe in tilt. Per un principiante, che ha il fondo lento come intensità già massimale, il k può essere di 1.2.

Notate come il dispendio calorico non dipenda dalla velocità, bensì dalla distanza percorsa (a parità di condizioni). L’errore, in verità tipico di molti inesperti o novizi, è confondere la potenza con il lavoro. Il lavoro è dato dalla forza per lo spostamento (sarebbe un prodotto tra vettori, ma evitiamo di fare i pignoli). La potenza, invece, è il lavoro sull’unità di tempo. Se uno impiega un’ora per correre 10 km o 40′, ha speso uguale! Semmai, influiscono il grado di allenamento e la capacità di essere efficienti, ma alla fine si scopre che Margaria è sempre corretto per la maggioranza dei runner amatori. Il dispendio energetico sarà, pertanto: 1 kcal per chilo di peso corporeo ogni km.

Correre in salita (pendenze)

Nel dispendio energetico della corsa, bisogna anche considerare le pendenze. Se si è in discesa, possiamo valutare un “risparmio” energetico del 5-10%, mentre in salita il k aumenta di parecchio. Ecco la formula per calcolare il k in salita:

1 + 8*p.

Dove p è la pendenza in percentuale divisa per 100. Cioè, se abbiamo una pendenza “dolce” del 2.5%, avremo 8×0.025, cioè il k diventa 1.2. Con una pendenza del 5%, abbiamo 8×0.05%, quindi il k diventa 1.4. È una formula piuttosto semplice, ma sono le conseguenze a essere fondamentali per determinare una strategia che non ci faccia scoppiare. Infatti, se prendiamo una pendenza “dolce” del 2.5%, notiamo che, rispetto a k uguale a 1, abbiamo un aumento di energia del 20% (da 1 a 1.2, abbiamo un aumento di 0.2, cioè appunto il 20%; non è del tutto esatto, ma accettate l’approssimazione). Se pertanto io corro in soglia a 4’30”/km, con una pendenza del 2.5% sarò in soglia a una velocità di 5’24”/km! Se corro a 5’/km, già sono fuori soglia e scoppierò! Non è del tutto vero, perché resta sempre il fattore del runner esperto e del principiante. Infatti, un runner esperto sa usare meglio i grassi e riesce ad andare a una buona velocità, senza andare fuori soglia, al confronto di un principiante. Quest’ultimo, non avendo ancora una buona potenza lipidica, andrà inevitabilmente fuori soglia in modo più drammatico. La trattazione teorica, comunque, fa capire che in salita bisogna tarare opportunamente l’andatura rispetto alla pianura. Se non lo si fa, si scoppia o si butta via l’allenamento.

Il problema della pendenza è molto più sentito nel ciclismo, dove la salita è l’essenza, ma anche il runner deve sapersi regolare in quelle tipiche pendenze “dolci” che possono capitare nel percorso abituale. E se poi vi capita uno di quegli strappi tosti, beh, allora tanto vale camminare. Come si vede, non è necessario avere salite con pendenze estreme da trail running. Anche una pendenza “dolce” del 2.5% comporta un dispendio energetico considerevole, a cui dobbiamo far fronte con un’adeguata andatura o strategia. E tanto più siamo ben allenati e usiamo meglio la miscela di carburante, tanto meno andremo in crisi mantenendo una buona andatura.

Da notare come salite e discese NON si compensano affatto! Tuttavia, se in una gara troviamo un tratto di salita seguito da uno di discesa, possiamo gestire nel modo più corretto l’andatura tra i due tratti.

Termoregolazione (sudore)

Il discorso sulla termoregolazione è già spiegato in questo articolo. Qui aggiungo alcune considerazioni. Nella prestazione sportiva, una corretta termoregolazione, che si può abituare anche con il fondo lento, ci rende organicamente migliori e con più capacità. Ci sono runner che, in inverno, escludendo il glicogeno e i grassi a cui si lega l’acqua, sudano molto poco o quasi nulla (sì, chi sa correre con efficienza, ed è cosa auspicabile, attinge meglio anche dai grassi). Succede anche a me! Semmai, è in estate che dobbiamo avere un po’ più di accortezza. Tuttavia, anche per chi corre in estate il problema è meno penalizzante di quello che si crede.

Rammentate che, quando vi pesate dopo l’allenamento, non tutta la perdita di peso è di sudore. Se dopo un’ora di corsa perdete 1 kg, un allenamento non troppo intenso potrà far consumare all’incirca 500 g di glicogeno e grassi più l’acqua che si lega. Il peso reale perduto con il sudore sarà intorno al mezzo chilo! A una temperatura “standard” di 20 °C e non troppo sole, io ho misurato che sudo anche 300 ml di sudore per un’ora di corsa. 300 ml di sudore sono 170 kcal, che in termini assoluti di peso (grasso) sono la bellezza di… 26 g! In estate posso sudare più del doppio con 30 °C e umidità del 50%, stando con metà sole e metà ombra. Più del doppio (su un’ora di seduta) vuol dire 600-800 ml. Non è poco (e ha un costo energetico che fa scadere la prestazione), ma è decisamente meno di alcuni dati che vengono millantati in giro. Ciò è normalissimo per qualunque sportivo ben allenato, a prescindere dalle caratteristiche individuali.

Alla resa dei conti, la termoregolazione non sposta di granché il consumo calorico rispetto all’approssimazione di Margaria. Insomma, l’organismo sa gestirsi correttamente in base al tipo di soggetto e situazione. In un runner ben allenato, la termoregolazione è minima e si va più veloci. La vera condizione sfavorevole è l’estate, ma la differenza, spalmata su tutto l’anno, è minima o irrilevante. L’organismo sa capire le situazioni critiche e come fare per non andare in crisi, ad esempio costringendoci a rallentare il ritmo quando fa caldo. Ed entra in gioco il buon senso da parte nostra: perché dovremmo essere masochisti da correre sotto un gran caldo anziché negli orari più freschi? I jogger in sovrappeso, spesso, sudano molto anche in inverno, in quanto per definizione non sono ancora ben allenati. Quindi, anche per loro vale sempre la formula classica, con eventuali correzioni di minima entità (dunque: all’atto pratico, non si dimagrisce sudando di più!).

Il vento

Il vento, che ci crediate o no, influisce meno di quello che si crede proprio come per il sudore. 15 km/h è una brezza normalissima, che possiamo spesso trovare negli allenamenti. Ebbene, una brezza del genere aumenta il consumo solo del 5%. L’aumento non è tuttavia lineare, perché già con un vento forte da 60 km/h il consumo aumenta del 40%. Sicuramente, la resistenza dell’aria è peggiore per i ciclisti per via di questa non linearità. Come per le pendenze, il vento favorevole non compensa quello sfavorevole! La resistenza dell’aria (e quindi anche del vento) segue una funzione quadratica. Vuol dire che, se con una brezza di 15 km/h (ripeto, è una brezza normalissima) consumo il 5% in più, con un vento di 30 km/h il dispendio energetico aumenta del 20% anziché del 10%. Con un vento di 45 km/h, che non capita tutti i giorni, l’aumento è del 40%.

Il principio di efficienza

È interessante come, partendo dall’errata convinzione che basti la formula iniziale, entrino in gioco diversi parametri che identificano un generale quadro di prestazione ed efficienza fisica. È anche per questo che insisto sul fatto che, sebbene i carboidrati siano la forma maggioritaria, più pulita e pregiata di energia, nemmeno bisogna esserne troppo dipendenti. I carboidrati devono essere sul 50% delle calorie totali (una quota comunque alta in termini assoluti di fabbisogno calorico) e dobbiamo insegnare al nostro organismo a usare una miscela di carburante più efficiente (carboidrati, grassi e, sì, anche un po’ di proteine). Facendo così, gestiremo meglio e con cali meno vistosi le condizioni di percorso e clima più sfavorevoli.

E l’EPOC?

C’è un altro fattore che viene talvolta menzionato nel dispendio energetico della corsa (e dello sport in generale). È l’EPOC, ovvero il consumo di ossigeno in eccesso post-esercizio (Excess Postexercise Oxygen Consumption). Tuttavia, anche considerando un buon allenamento con variazioni di ritmo, otteniamo un incremento di 50 kcal circa. D’accordo, se facciamo la somma tra i vari fattori, otteniamo un fabbisogno calorico elevato. Ma, preso da solo, l’EPOC non dev’essere sovrastimato. L’EPOC può diventare massimale (anche 120 kcal) su sforzi brevi e intesi, ma questo è un altro discorso (su pochi minuti di allenamento, le calorie bruciate sono sempre poche).

Calcolo del fabbisogno calorico (e per la massa muscolare)